Le moderne metodologie di progettazione, costruzione e gestione di infrastrutture ed edifici, in particolare quelle legate alla digitalizzazione dei processi, devono essere al più presto impiegate negli appalti pubblici, considerati uno dei driver dell’innovazione. Questo favorirà l’adozione delle moderne applicazioni legate alla digitalizzazione e all’uso dell’ICT (Information & Communication Technology) da parte della filiera delle costruzioni, caratterizzata da una elevata frammentazione di piccole e medie imprese.
E’ questo il parere espresso da Gianluigi Coghi, Vice Presidente dell’Ance, nel corso dell’ultima audizione presso la Commissione del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti che sta definendo modalità e tempi per l’introduzione dei metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture, tra cui il BIM. “Per favorire i processi di innovazione – ha detto Coghi – non servono vincoli o date definite ma sperimentazione supportata da modalità standardizzate di attuazione. Si ritiene, infatti, utile che l’utilizzo dei sistemi ICT non sia legato ad alcuna determinata tipologia di realizzazione (opera infrastrutturale anziché edifici, opera semplice o complessa, etc.) o ad un determinato valore dell’appalto, ma alla capacità della committenza di attivare processi basati sull’ICT”. Al momento il Codice degli Appalti (all’ art. 23 comma 13) non limita la possibilità delle stazioni appaltanti di richiedere metodologie digitali nei bandi, ma lo consente solo a quelle stazioni dotate di personale qualificato, cioè in grado di gestire un processo digitalizzato.
Secondo l’Ance, dunque, una strategia per l’uso esteso dell’ICT ha tre aspetti chiave: la gradualità e l’uniformità nell’applicazione della metodologia; il monitoraggio, da parte del Ministero, delle stazioni appaltanti che applicano volontariamente l’ICT nei bandi; la formazione necessaria alla diffusione della conoscenza della materia da parte dei soggetti coinvolti.
La particolare configurazione del mercato delle costruzioni – spiegano i costruttori – richiede una graduale introduzione dell’ICT. A tal fine, si potrebbe indicare alle stazioni appaltanti di introdurre per step successivi i loro obiettivi/usi di gestione digitale, ad esempio iniziando con la gestione digitale degli elaborati grafici generati dai modelli informativi (i vecchi elaborati grafici), della parte economica (i computi metrici), per poi aggiungere altri obiettivi (ad esempio sicurezza, layout di cantiere, manutenzione, etc.), secondo standard definiti dal Ministero anche sulla base delle norme Uni in via di approvazione. La progressività negli usi ed obiettivi richiesti – che l’Ance auspica, vista ‘l’immaturità’ del settore – è un approccio utile, in questa fase di transizione, sia a chi affronta per la prima volta questa innovazione, sia a chi già si è cimentato con le nuove metodologie. È – spiega Coghi – un approccio graduale già utilizzato in altri paesi europei come Gran Bretagna e Germania, che hanno anche previsto adeguate risorse economiche per favorire la transizione digitale, con attenzione alla formazione degli operatori.
Dal monitoraggio dei bandi di gara che implementano l’ICT, secondo l’Ance, il Ministero dovrebbe trarre informazioni utili in termini di raccomandazioni/linee guida da fornire alle stazioni appaltanti e in tal modo suggerire perfezionamenti e prevenire errori nei successivi bandi. Un ulteriore criterio potrebbe essere quello di iniziare con progetti di medie/grandi dimensioni che sicuramente impegneranno le organizzazioni più strutturate ma che creerà l’effetto ‘traino’ per quelle che fungono da sub fornitori. Secondo i costruttori, una capillare opera di formazione di tutti i soggetti della filiera, pubblici e privati, è indispensabile. Un valido punto di riferimento potrà essere il quadro di norme a sostegno della gestione digitale dei processi informativi che Uni sta definendo con la norma 11337, le norme Iso esistenti e quelle in elaborazione in ambito Cen. “L’approccio alla digitalizzazione deve divenire un fattor comune dei corsi di laurea in Ingegneria e Architettura. Solo così potremo avere, ovviamente non prima di 5 anni, laureati in grado di operare secondo il nuovo approccio”. Nel frattempo – spiega l’Ance – serve anche dare supporto formativo a chi già opera nel settore, a cominciare dalle stazioni appaltanti, progettisti, RUP, etc.
(Fonte: Edilportale)