Park Associati: Il BIM ha ormai raggiunto il punto di non ritorno

Park Associati, è uno studio di architettura fondato a Milano nel 2000 da Filippo Pagliani e Michele Rossi. Dalla sua fondazione è cresciuto molto in termini di capacità propositiva, struttura e competenze, implementando il BIM al proprio interno. BIMportale ha intervistato l’Arch. Simone Caimi, BIM Manager di Park Associati

Può tracciare un breve profilo di Park Associati?
Attualmente, con cinquanta collaboratori, Park Associati rimane un luogo dove idee e dialogo sono ancora la linfa vitale di un ambiente di lavoro concepito come collettore e moltiplicatore di stimoli. Questo approccio garantisce una notevole flessibilità, consentendo di rispondere rapidamente ad esigenze diverse, ai vincoli e ai desideri che connotano progetti complessi, offrendo un design personalizzato e su misura. Ogni team di progettazione lavora sullo scambio di conoscenze, sulla continua condivisione delle informazioni e degli avanzamenti nel progetto. La natura collaborativa della filosofia progettuale di Park Associati si unisce a standard tecnici di qualità estremamente elevata e a un’attenzione costante alla ricerca, concretizzata dalla nascita in studio di un team dedicato “Park Plus” che contribuisce a inserire costanti elementi innovativi nei progetti.
La sperimentazione di linguaggi e tecnologie e le collaborazioni con altre discipline, spingono Park Associati a confrontarsi su uno spettro d’intervento che va dall’urbanistica al design.
Una linea stilistica mutevole ma di carattere distingue progetti come gli Headquarters Salewa a Bolzano, Luxottica, Urban Cube e Nestlé a Milano, o i ristoranti itineranti The Cube e Priceless Milano, i temporary stores per Hermès a Roma e Milano e i progetti retail per Tenoha e Brioni. Interpretazione e restituzione alla comunità, fanno della rigenerazione urbana e retrofitting di edifici storici e del Moderno tematiche chiave per lo studio, come, a Milano il recupero de La Serenissima e di Gioiaotto, gli interventi conservativi in Piazza Cordusio e via Brisa, la riprogettazione degli Headquarters Engie. Tra i progetti in corso ci sono le nuove costruzioni del business center Pharo a Milano e dell’edificio U1 ad Assago (nelle foto – ndr).
Park Associati sta sviluppando la progettazione di nuove soluzioni residenziali, in particolare legate agli alloggi per studenti, e sta approfondendo le tematiche legate al masterplan con la riqualificazione del Waterfront di Catania, muovendosi sempre più verso uno sviluppo internazionale.

Come avete affrontato la recente pandemia da Coronavirus?
Appena iniziata l’emergenza sanitaria abbiamo deciso di chiudere lo studio e continuare a lavorare da remoto. Non abbiamo avuto particolari difficoltà, il nostro IT Manager ha messo subito tutti nelle condizioni di lavorare da casa. Già da tempo una parte dei collaboratori disponeva di laptop che gli permetteva di lavorare anche fuori dallo studio. Una volta finito il periodo di lockdown completo, lo studio è stato aperto con circa un terzo dei collaboratori in modo da consentire di lavorare con le distanze di sicurezza necessarie e ora abbiamo un turn over di gruppi di progettazione che si alternano in studio, in modo da dare a tutti la possibilità di riunirsi almeno una o due volte alla settimana. In questi mesi siamo riusciti a portare avanti con continuità i progetti in corso. Sicuramente è stato più difficile lavorare sui progetti da impostare, quelli ancora nelle fasi preliminari, ma attualmente siamo in grado di affrontare tutte le fasi di progetto in modo fluido, usando l’organizzazione digitale del lavoro come elemento semplificatore e acceleratore di alcuni momenti dello sviluppo di progetto, favorendo comunque se possibile lo scambio diretto di informazioni e opinioni, che è alla base del nostro modo di lavorare.

In che modo avete approcciato il tema BIM e come lo avete implementato al vostro interno?
Ci siamo accostati al BIM con molta calma facendo un passo per volta nella consapevolezza che un approccio orientato al “tutto e subito” sarebbe stato un errore. A differenza di tanti studi che ricorrono al BIM perché costretti da esigenze di commessa, noi ci abbiamo creduto fin da subito e questo ci ha permesso di applicare il BIM a progetti che consideravamo adatti e potendo selezionare le risorse interne. Abbiamo da subito cominciato a impostare gli standard di studio migliorandoli giorno per giorno, passo dopo passo, affrontando i problemi singolarmente e adattando il workflow al nostro modo di progettare senza che le procedure fossero calate dall’alto ma cercando la massima partecipazione tra i progettisti.

Come vi siete strutturati per operare il cambiamento?
Abbiamo cercato di creare una struttura interna dedicata al BIM senza che questa avesse vita separata da quella dello studio. Pensiamo che, specie durante il processo di implementazione, sia molto importante che coloro che sviluppano i processi BIM siano anche coloro che progettano. Così facendo, ogni progettista capisce il senso delle procedure e le fa sue.
I nostri BIM Manager/Coordinator sono in prima istanza architetti a tutto tondo che ricoprono ruoli BIM per elezione e attitudine personale. Ormai non è quasi più possibile separare le riunioni di progetto da quelle strettamente BIM ed è dunque impensabile che gli operatori BIM siano digiuni di progettazione.
Va da sé che sovente essi si riservino spazi dedicati alla formazione BIM, la quale necessita di specifica preparazione.

Quali sono state le maggiori difficoltà che avete affrontato? Lo scambio di dati e la collaborazione è una realtà o ci sono delle criticità ancora da superare?
Criticità sono emerse collaborando a volta con collaboratori esterni che non operavano in BIM e che hanno avuto difficoltà a inserirsi in un processo di progettazione integrata. Anche per i clienti è a volte difficile rendersi conto di quali sono le richieste legittime e fattibili per ottenere i risultati che si aspettano e quali sono invece infruttifere. Al contrario, strutturisti e impiantisti sono generalmente molto preparati e competenti: ormai la suddivisione del modello federato è abbastanza codificata per cui la modellazione procede spesso spedita.
Per quanto riguarda il formato dei file di scambio l’IFC è ancora un pianeta sconosciuto a molti, per certi versi anche a noi ma ci stiamo lavorando. Il 99% delle volte scambiamo i modelli in formato proprietario, ma ormai abbiamo procedure collaudate per estrarre informazioni da quasi ogni formato ci venga sottoposto.

Qual è secondo voi lo scenario BIM in Italia? Quali prospettive, quali sviluppi?
Crediamo che il BIM abbia ormai raggiunto il punto di non ritorno. Ci sembra impossibile che si possa tornare indietro, e sempre più studi di architettura dovranno adottare questo sistema, pena essere esclusi da incarichi o concorsi importanti. La nostra unica preoccupazione è il fatto che il BIM stia diventando sempre più “burocratizzato” e “verboso”. Ci riferiamo all’uso massiccio di nuovi acronimi per far apparire il BIM più complesso di quanto non sia. Ci pervengono ormai quotidianamente EIR o BEP inutilmente prolissi, di dimensioni bibliche, il cui contenuto si potrebbe condensare in pochi fogli A4. Ecco, ci auguriamo che in futuro gli studi tecnici sviluppino capacità di maggior sintesi e che i professionisti del BIM si concentrino sul costruito piuttosto che sulla documentazione.

 

 

 

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Giornalista professionista della redazione di BIMportale, lavora da molti anni nell’editoria B2B per la stampa tecnica e specializzata. Ha scritto a lungo di tecnologia, business e innovazione. Oggi orienta la sua professione nel campo delle tecnologie applicate alla progettazione architettonica e all’imprenditoria delle costruzioni.


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