Christian Florian, Permasteelisa: dal progetto al prodotto attraverso il BIM

Pochi marchi sono identificati con il linguaggio architettonico contemporaneo come Permasteelisa. L’azienda trevigiana specializzata nella progettazione, ingegnerizzazione, produzione e installazione di sistemi d’involucro ha messo la sua firma su alcuni dei progetti più iconici degli ultimi anni, che hanno contribuito a cambiare il volto di molte fra le città più moderne ed evolute al mondo. L’incontro con una realtà di questa levatura e know-how tecnologico era quindi inevitabile; ma è avvenuto in largo anticipo sui tempi, e soprattutto in una particolarissima declinazione che travalica l’ambito strettamente progettuale per contaminarsi con quello della produzione e della messa in opera. Ne abbiamo parlato con Christian Florian, BIM Manager dell’azienda.

Qual è stato il suo percorso professionale e il suo incontro col BIM?
Il mio percorso di formazione universitario è terminato alla fine degli anni ‘90 con la laurea in ingegneria civile a Udine, dove poi ho conseguito un dottorato e sono stato coinvolto come docente nel settore del disegno

Christian Florian, BIM Manager Permasteelisa

(ICAR17), oltre a partecipare a un programma di ricerca sui codici del disegno in progetto. L’unità nella quale lavoravo si occupava in particolare di disegno in manutenzione, e già all’epoca – parliamo degli anni 2004/2005 – si iniziava a parlare di BIM, una prospettiva che però era ancora lontana dall’applicazione pratica. Grazie alla ricerca e all’approfondimento teorico su strumenti avanzati di modellazione parametrica come Catia (e Digital Project, la sua customizzazione BIM per il mondo AEC), nel 2005 sono entrato in Permasteelisa, in particolare nel team che all’epoca gestiva i modelli dei progetti caratterizzati da geometrie non convenzionali, dove ho lavorato per sei anni portando parallelamente avanti alcune esperienze di ricerca all’interno dell’azienda. Nel 2007 l’azienda aveva dato avvio ad un programma di miglioramento continuo, denominato Permasteelisa Moving Forward, che ha portato nel 2011/2012 al rilascio di una piattaforma per la digitalizzazione di processo la cui prima applicazione avvenne per un progetto pilota a Londra. In qualche misura, possiamo pensare il PMF come una sorta di “BIM proprietario”, anche se all’epoca l’acronimo non era così popolare. Sono stato impegnato a lungo nel team di sviluppo della piattaforma PMF e nella sua implementazione in tutto il Gruppo Permasteelisa, occupandomi di documentazione, training e sviluppando iniziative per creare una community interna di esperti, fino a quando nel 2015 sono stato chiamato a gestire un primo nucleo di giovani BIM Expert in Permasteelisa Italia. A questo punto è iniziato il mio vero e proprio percorso di BIM Manager, anche sulla scorta di una richiesta che iniziava a maturare e rendeva quindi necessario migliorare le nostre competenze nel campo BIM. Da allora mi occupo di gestire un team dedicato, che ad oggi comprende nove persone ed è organizzato non come dipartimento autonomo ma piuttosto come centro di competenze che condivide conoscenze e metodologie con l’intera struttura, e che è perfettamente integrato con i team di lavoro dei vari progetti. Abbiamo parallelamente avviato un’intensa attività di collaborazione con diversi atenei, offrendo a tesiste e tesisti la possibilità di approfondire temi legati al BIM e di sperimentare la pratica professionale tipica di un’azienda strutturata come Permasteelisa; abbiamo chiamato questa iniziativa

Alcuni Progetti nel database PMF (Image credits: Permasteelisa)

“BIM in Superficie”.  Sempre dal 2015, ho partecipato come delegato dell’azienda al tavolo di lavoro UNI dedicato al BIM e, come delegato italiano insieme ad Angelo Ciribini al working group ISO dedicato allo sviluppo delle Parti 1 e 2 della norma 19650, un’esperienza che considero tra le più formative da me vissute nel mio percorso formativo in ambito BIM.

Quali sono i vantaggi che il BIM apporta nell’ambito operativo di un’azienda come Permasteelisa che non si limita alla progettazione ma produce i propri sistemi d’involucro?
Volendo focalizzarci sulla fase produttiva e parlare di digitalizzazione, il CAD/CAM è uno strumento consolidato in contesti come il nostro, ed è uno strumento indispensabile per la materiale produzione delle nostre soluzioni. Cosa, questa, che le soluzioni di BIM authoring commerciali non sono in grado di fare perché non è questa la loro finalità, il loro scopo. Naturalmente, quando progettiamo i nostri sistemi di facciata e iniziamo a definire soluzioni su misura da sottoporre al ciclo approvativo, non possiamo pensare che la produzione venga gestita con le modalità tradizionali in uso negli anni ’80 e ‘90; oggi la maggior parte degli elementi prodotti, che sono quasi esclusivamente tutti su misura del singolo progetto, vengono prima modellati tridimensionalmente, e da questi modelli vengono poi estratti i singoli componenti da inserire nel successivo flusso CAD/CAM attraverso software di lettura dei modelli 3D che trasformano l’informazione CAD parametrica attraverso il CAMin istruzioni numeriche per la macchina CNC. Questo flusso di lavoro è ormai comune nella nostra filiera, che rappresenta in un certo senso l’anello di congiunzione fra architettura e manifattura meccanica. Nel contesto dei progetti in cui operiamo, il vero valore del BIM – inteso come digitalizzazione di processo – è portato nella fase iniziale della progettazione, attraverso un maggiore controllo sul flusso di lavoro e, di conseguenza, sui suoi risultati finali, oltre alla possibilità di anticipare problemi che emergerebbero solo in fase di cantiere e richiederebbero (più) tempo e risorse per essere risolti. Su un piano più generale, nell’ottica di un utilizzo sempre più esteso del BIM, la maggiore sfida che ci attende è a mio avviso riconoscere il valore che ciascun soggetto porta al progetto nel momento in cui opera in modo collaborativo; si tratta, però, di un riconoscimento che deve necessariamente trovare riscontro anche dal punto di vista contrattuale. Nel corso del processo progettuale, infatti, ogni figura coinvolta può (e deve) portare il proprio contributo, ma questo deve trovare tutela e riconoscimento economico, cosa che purtroppo ancora non sempre accade e a cui esperienze pur utili come i framework non hanno ancora dato pienamente risposta.

In base alla sua esperienza professionale, siamo in presenza di un passaggio epocale come quello avvenuto nella transizione dal tecnigrafo al CAD o piuttosto di un’evoluzione del percorso iniziato allora?
Gli strumenti influenzano senza dubbio la pratica progettuale e i suoi flussi, e quelli dell’epoca del tecnigrafo erano diversi. Con l’avvento del CAD il pensiero e le soluzioni progettuali che prima si sviluppavano attraverso la carta hanno iniziato a (s)materializzarsi in uno spaziomodello digitale potenzialmente infinito e diverso per ciascun progettista. Da questo punto di vista i software di BIM authoring, in quanto strumenti di strutturazione delle informazioni, tendono a irregimentare maggiormente la “libertà di pensiero del progettista” e forse a instradarla in direzioni predeterminate, ma francamente è difficile rispondere a questa domanda. Diciamo che al momento non ho ancora riscontrato nel BIM un equivalente dello spaziomodello del mondo CAD e della libertà che offre al progettista nello sviluppo dell’idea in un dettaglio tecnologico di facciata in scala 1:1.

Permasteelisa opera nel quadro di grandi progetti promossi da importanti committenti; l’adozione precoce della metodologia BIM è stata una reazione a un input esterno o una scelta autonoma?
Un mix delle due cose. Sicuramente l’ondata BIM proveniente dal mondo anglosassone, che rappresenta uno dei mercati più importanti per il Gruppo, ha innescato il flusso dei BIM requirement da parte dei committenti e di conseguenza un forte stimolo all’implementazione del BIM, ma altrettanto sicuramente questa è stata preceduta dal processo di crescita delle nostre competenze interne che ho descritto all’inizio. Solo in seconda battuta

Alcuni Progetti nel database PMF (Image credits: Permasteelisa)

questo processo è stato accompagnato dall’implementazione delle piattaforme commerciali di BIM authoring. Ciò detto, in Permasteelisa il BIM è una presenza ormai consolidata in termini di strumenti, e una prassi in termini di approccio al processo di progetto. Partiamo dalle informazioni architettoniche, strutturali e impiantistiche che riceviamo dal committente, in particolare modelli sviluppati con soluzioni di BIM Authoring commerciali e trasmessi in formato IFC. Per quanto riguarda le facciate, questi modelli sono sempre accompagnati da un set di disegni di dettaglio 2D in scala 1:1, che trasferisce l’intenzione architettonica e tecnologica delle tipologie di facciata. Partendo da questa base la prima attività del team di progetto Permasteelisa è quella di sviluppare attraverso dettagli in scala 1:1 il sistema di facciata su misura (bespoke) idoneo a soddisfare l’intent architettonico e a garantire i parametri prestazionali richiesti nello specifico progetto. Una volta che i cosiddetti disegni di sistema vengono discussi e approvati i, su questa base sviluppiamo un modello 3D wireframe tramite sistemi CAD, e questo  viene successivamente importato nel nostro sistema BIM proprietario PMF – Permasteelisa Moving Forward. Tale sistema prevede un flusso di lavoro su due fronti, uno interno e uno esterno. Nel primo, una volta importato il modello viene mappato in termini di proprietà quali livello, prospetto, settore, sistema di facciata e configurazioni di assemblaggio (assembly configurations). Si tratta di un’attività necessaria allo sviluppo di stime e misure – in sostanza il Quantity Takeoff – e al conseguente approvvigionamento nei tempi opportuni dei materiali principali necessari per la produzione. Successivamente si procede con la fase di modellazione solida per la produzione di ogni singolo componente che richieda questo livello di dettaglio. Questi modelli, solitamente sviluppati con software CAD parametrici come Inventor, Catia o simili, possono essere “federati” o sovrapposti ai modelli BIM architettonici, delle strutture o MEP a fini di verifica e clash detection. Il flusso di lavoro esterno, che avviene in una fase precedente, prevede invece il coordinamento con gli altri attori coinvolti nella progettazione – architetti, strutturisti, impiantisti e altri subappaltatori – tramite la condivisione sul CDE della committenza di modelli BIM sviluppati da Permasteelisa con software di BIM authoring commerciali, ad un livello di dettaglio necessariamente inferiore ma sufficiente per la verifica e le eventuali revisioni sulla base dei feedback ottenuti.

Interoperabilità e collaborazione, quindi: è un modello che funziona anche in un contesto particolare come il vostro?
Sicuramente nella fase di sviluppo preliminare di un progetto fino all’esecutivo, l’approccio collaborativo tipico del BIM ha cambiato molte cose e fornito strumenti tramite i quali studi di architettura e ingegneria possono confrontarsi. Vedo ancora qualche criticità nella fase di progettazione costruttiva, ambito in cui il percorso per ottenere vantaggi paragonabili è ancora lungo non esistendo soluzioni software destinate allo scopo. Quella che era la visione del BIM level 3 è a mio avviso ancora lunga a venire.

Per concludere, qual è la sua valutazione sul potenziale di tecniche come il generative design nella progettazione?
Se per generative design intendiamo strumenti come Grasshopper e Dynamo applicati a Rhino e Revit, nei progetti di medio-alta complessità esso fa già parte della “cassetta degli attrezzi” che utilizziamo quotidianamente. Nel nostro flusso di lavoro il suo limite  è, forse, quello di doversi fermare alla fase di definizione del modello wireframe, e quindi di coprire una fase che, pur essendo molto importante , non copre l’intero processo. In prospettiva futura, uno degli sviluppi più interessanti è la sua integrazione – anche attraverso l’intelligenza artificiale? – nelle fasi di configurazione, mappatura e modellazione 3D solida per parti e grandi assiemi nel settore manufacturing. Ma per questo dobbiamo attendere ancora un po’.

 

 

 

 

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Giornalista della redazione di BIMportale, professionista della comunicazione e del marketing per il settore AEC – Architetture Engineering & Construction. Ha lavorato per molti anni nell’editoria B2B dirigendo una delle principali testate specializzate per l’industria delle costruzioni, per la quale è stato autore di numerosi articoli, inchieste e speciali. Durante questa lunga esperienza editoriale ha avuto modo di vivere e monitorare direttamente l’evoluzione del settore e la sua continua trasformazione, lavorando a stretto contatto con i principali protagonisti del mercato: imprese edili, progettisti, committenti, produttori. Su tali premesse nel 2007 ha fondato l’agenzia di comunicazione e marketing Sillabario, che si occupa delle attività di comunicazione e ufficio stampa di importanti marchi industriali del settore delle costruzioni.


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