Sara Valaguzza: il punto di vista di un giurista

Abbiamo chiesto alla professoressa Sara Valaguzza, docente di Diritto Pubblico dell’economia e dei contratti pubblici e di Public Private Partnership dell’Università degli Studi di Milano, Direttore del Centro Interuniversitario sul Diritto e Management delle Costruzioni, di parlarci di Legal BIM e dell’importanza di ideare nuovi modelli contrattuali ispirati alla collaborazione e all’implementazione dei metodi digitali.

Come è entrato il BIM nelle sue attività di docenza?
Il BIM è entrato nei miei temi di ricerca da quando si è cominciato a parlarne nel dibattito sulle tecniche per migliorare la risposta della domanda pubblica alle esigenze di controllo della spesa e dei tempi di esecuzione degli appalti commissionati dalle Amministrazioni. Per il mio modo di vedere le cose, ovvero con il punto di vista di un giurista che si occupa di contratti pubblici e di regolazione strategica del loro mercato, oggi il BIM merita inevitabilmente attenzione dato che il Codice dei contratti pubblici ha espressamente promosso l’utilizzo di strumenti e metodologie digitali. Se il BIM è una realtà certamente consolidata e conosciuta in termini strettamente tecnici, lo è meno tra i giuristi. Questo rende fondamentale studiarlo e inserirlo nei piani didattici, specialmente di alta formazione, anche dedicati alle professioni legali. Per questo l’Università Statale si sta facendo promotore di nuove iniziative di ricerca internazionali e interdisciplinari, che attirano da noi anche eminenti studiosi stranieri. Da quando mi occupo di BIM è cambiata la dimensione territoriale della mia attività di docenza. Sono spesso all’estero, specialmente nel Regno Unito, al King’s College, dove si è spontaneamente creato una sorta di quartier generale della ricerca sul Legal BIM.

Da quanto tempo si occupa di BIM?
Mi occupo di BIM, e in particolare di legal BIM, da alcuni anni. Ho incontrato questa disciplina prima come avvocato, a fronte della richiesta da parte di una committenza pubblica illuminata di verificare quali strumenti potessero ridurre gli incidenti di percorso nella fase di esecuzione di un appalto pubblico, e poi come docente di Diritto. Dal 2015 ho cominciato a occuparmi intensamente di Legal BIM, come tema di ricerca e non solo di pratica professionale, quando ho conosciuto Giuseppe Di Giuda, professore al Politecnico di Milano, con il quale abbiamo iniziato una intensa collaborazione interdisciplinare. Questa ci ha portato ad istituire assieme al collega dell’Università degli Studi di Brescia Angelo Ciribini il primo Centro Italiano sul Diritto e Management delle Costruzioni (CCLM) tra Università degli Studi di Milano, Politecnico e Università degli Studi di Brescia, che dirigo con entusiasmo, con l’obiettivo di promuovere una sempre maggiore concretezza degli studi giuridici. Nell’ultimo biennio abbiamo organizzato due convegni internazionali, sempre con un taglio trasversale che permettesse il dialogo tra tecnici e giuristi, e abbiamo portato in Italia il primo contratto collaborativo tipo, traducendo, con gli inevitabili adattamenti al nostro ordinamento giuridico e grazie alle competenza interdisciplinari del nostro gruppo di ricerca, il Framework alliance agreement (FAC-01), ideato nel Regno Unito e ora disponibile all’utilizzo anche nel mercato pubblico e privato italiano.

Quali sono i filoni principali di ricerca?
Sono convinta che, al momento, gli aspetti legali inerenti all’impiego del BIM siano ancora sottovalutati e che perciò i filoni di ricerca aperti siano moltissimi. All’estero, in Francia, in Germania e nel Regno Unito, ci sono già  pubblicazioni giuridiche di tenore accademico sulle questioni relative, per esempio, ai diritti di proprietà intellettuale, alla condivisione del rischio di progetto, all’inserimento del BIM nelle gare pubbliche. In Italia, credo le avremo nei prossimi anni. Anche la regolamentazione in materia, specialmente nel campo dei contratti pubblici, è a mio parere ancora fragile, e dunque offrirà certamente spunti di ricerca.
Infine, credo che come giuristi dovremmo in fondo interrogarci assieme ai tecnici se non sia giunto il momento di studiare un Codice delle Costruzioni, nel quale, per esempio, metodologie digitali, buone prassi e contratti collaborativi trovino adeguato riconoscimento, spingendo il mercato verso un livello di competitività basato sul meglio, non appiattito sui soggetti non ancora maturi per competere davvero.

Con quali strumenti lavorate per formare all’utilizzo della metodologia BIM?
Nel mondo dei contratti pubblici lavorare sul BIM significa partire dai documenti di una procedura di gara, immaginare come possano essere modificati e precisati in presenza del BIM, e approdare al contratto, rendendolo uno strumento con il quale si riesca a produrre valore aggiunto attraverso la collaborazione. Per noi il BIM non è mai un software, si tratta sempre di cercare un metodo, un processo, un percorso di collaborazione utile a migliorare l’output di un certo progetto.

Come si stanno orientando al BIM gli studenti ?
La formazione e le docenze in tema riguardano prevalentemente tesi di laurea e dottorati di ricerca; per affrontare le problematiche legali del BIM in maniera da poter essere utili ai tecnici, comprendendo le loro necessità e traducendole in termini legali, è necessario avere un background giuridico ben solido sui principi e sulle regole fondamentali del diritto, che esclude, almeno per il momento, l’opportunità di inserire insegnamenti curriculari, favorendo invece una formazione specialistica.

Quali sono secondo lei le prospettive future del BIM in Italia?
La prospettiva che personalmente auspico è quella di un approccio integrato al tema, legale e tecnico assieme, che superi la tradizionale segregazione del diritto dalla pratica e della pratica dal diritto e che si concentri, da un lato sulla regolamentazione del settore, valutando l’opportunità di adottare un Codice delle Costruzioni, e dall’altro sui contratti collaborativi come strumento capace di generare valore aggiunto a partire da una alleanza in cui i metodi di controllo e i sistemi di sviluppo e di verifica del progetto siano affidati a metodi e tecnologie digitali.

 

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Giornalista professionista della redazione di BIMportale, dopo i primi anni a rincorrere notizie di cronaca e attualità ha deciso di fermarsi per seguire più da vicino il mondo dell’architettura e del design. Collabora con diverse testate di questo settore alla ricerca di progetti e nuove iniziative da raccontare e descrivere con una particolare attenzione alle idee più innovative approfondendo anche tematiche legante al rispetto dell’ambiente e alle fonti rinnovabili.


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