Giampaolo Pilloni, GP Project: il cambiamento deve essere uno stimolo per crescere

L’Ing. Giampaolo Pilloni dopo avere affrontato un percorso professionale ricco di esperienze differenti fonda nel 2007 la società di ingegneria e architettura GP Project che si occupa di progettazione e consulenza nel settore delle costruzioni civili e industriali su tutto il territorio nazionale e da qualche hanno ha integrato la metodologia BIM per una maggiore digitalizzazione dei processi. Dal 2014 l’Ing. Pilloni è anche BIM Manager della società.

Quale è stato il suo primo approccio alla metodologia BIM?
La prima esperienza professionale, post laurea nel 2002, è stata la partecipazione, assieme ad alcuni Professori e colleghi ingegneri, al progetto definitivo dell’Ospedale San Matteo di Pavia, un’opera da circa 90 milioni che è stata inaugurata nel 2013. E’ stata una grande fortuna lavorare, come primo approccio, su un progetto di tali dimensioni perché ho appreso sin da subito l’importanza della qualità dei processi in ambito progettuale. Successivamente ho voluto misurarmi col cantiere svolgendo prima il ruolo di responsabile di cantiere e, successivamente, di direttore tecnico di cantiere per conto di imprese di costruzioni sia in appalti pubblici che privati. Quando fai project management, construction management o direzione tecnica di cantiere impari a gestire risorse umane e materiali ma, di riflesso, impari a progettare i dettagli costruttivi e a costruire contenendo tempi e costi. Sei il vero interprete tra chi ha progettato l’opera e chi la deve costruire. È un’esperienza che dovrebbe fare ogni professionista di area tecnica, appena laureato. Se dipendesse da me renderei obbligatoria la formazione in cantiere a giovani ingegneri e architetti neo-laureati ancor prima dell’iscrizione all’ordine professionale.
Dopo 5 anni di dura gavetta nei cantieri, a 30 anni mi sono trovato davanti ad un bivio: dovevo decidere se lavorare in una grossa Società, con tutto ciò che ne consegue, oppure continuare la mia avventura con la libera professione. Così ho deciso di costituire la GP Project, società di ingegneria e architettura che oggi opera sia in ambito pubblico che privato.
Sin dai primi studi della materia ho inteso il BIM come una metodologia che aiuta ad incrementare l’approccio qualitativo nella progettazione, nella costruzione e nella gestione del costruito.

Quando avete cominciato ad implementare la metodologia BIM?
Il BIM è entrato a far parte nella nostra quotidianità nel 2014; in quel periodo ci siamo trovati ad affrontare commesse articolate e abbiamo iniziato ad approcciarci al BIM con l’intento di ottimizzare il ns. lavoro e la qualità dei servizi offerti in tema di progettazione e gestione del cantiere.
La nostra commessa pilota BIM, in ambito progettuale ed esecutivo, si avvia nel 2015 quanto abbiamo acquisito la progettazione, direzione lavori e coordinamento sicurezza per la costruzione ex novo di due scuole gemelle da 3.000 m2 l’una in Piemonte, ad Acqui Terme. Tale commessa è stata particolare perché gestita all’interno di un Contratto di Disponibilità – una forma non troppo nota di Partenariato Pubblico Privato – ove si affrontano flussi operativi differenti rispetto all’appalto tradizionale. Nel PPP il cliente privato, società di scopo formata dall’impresa di costruzioni, si assume tutti (o quasi) i rischi che ricadono in una commessa di costruzione e gestione del bene. Per questo motivo ha tutto l’interesse di operare in qualità, nel rispetto di tempi e costi. Un discreto livello di sviluppo del modello federato BIM, per conseguire questi risultati, è stato determinante.
Tra il 2015 e 2016, contestualmente alla fase di progettazione della commessa pilota, ho iniziato a studiare con forte interesse la normativa e le procedure. Ho avuto grandi stimoli durante i corsi di formazione (presso One Team di Milano) anche grazie al confronto con altri colleghi che operavano sia in realtà molto più grandi, che in realtà più piccole di GPproject. Il naturale sviluppo di questa formazione, unita all’esperienza sul campo, mi hanno portato a diventare BIM Manager certificato ICMQ.

Quali sono le caratteristiche principali della sua figura professionale?
Indubbiamente devi avere molta immaginazione e altrettanta esperienza esecutiva nel gestire risorse umani e materiali. L’immaginazione serve per prevedere i potenziali problemi. L’esperienza invece serve per trovare soluzioni già in fase di pianificazione e, quindi, per scongiurarli o limitarli.
L’età anagrafica può aiutare ma direi che non è indispensabile o, quanto meno, non è una funzione lineare. Per me 10 anni sul campo, vissuti intensamente, sono più che sufficienti per affrontare questo ruolo. È più importante aver vissuto numerose commesse, aver partecipato a diversi progetti e aver affrontato la fase esecutiva nei cantieri. Certamente non si può fare il BIM manager senza avere una discreta esperienza in termini di gestione dei processi produttivi nello studio e nei cantieri. Devi conoscere la normativa in materia di appalti pubblici e privati, devi comprendere quali sono i dati che non puoi non comunicare in un cantiere e devi sapere che informazioni servono per la fase di gestione del costruito. Devi saper gestire le fasi critiche in cantiere. Ad esempio, negli appalti pubblici in Italia, col rischio “riserva” dietro l’angolo, bisogna stare molto attento affinché non vi siano dubbi interpretativi su ciò che deve essere realizzato e a che prezzo.
Nei processi tradizionali esiste la validazione del progetto esecutivo e questo aiuta parecchio soprattutto nella fase costruttiva. Nelle procedure BIM la validazione del modello dovrebbe essere fatta dal Project/BIM manager del committente. Bisogna sapere pianificare e controllare i processi sia nello studio che nei cantieri. Per questo Altre due caratteristiche per me importanti per fare questo ruolo: l’equilibrio e l’elasticità. Spesso ti trovi a dover gestire problemi complessi, in tempi stretti e con risorse limitate. Questo può portare a livelli di stress non indifferenti. L’equilibrio ti aiuta a gestire lo stress.
L’elasticità invece è legata a differenti aspetti: ad esempio in Italia spesso ci si trova a lavorare in RTP (raggruppamenti temporanei di professionisti); in questi casi bisogna operare cercando di collaborare con risorse che sono abituate ad altri standard, modi e tempi differenti. È importante sapere colloquiare con realtà differenti, che hanno obiettivi comuni, senza necessariamente imporre in modo rigido le proprie regole. Si può e si deve mediare per ottenere il meglio da tutti i componenti di un team eterogeneo.

Come opera quotidianamente con quali strumenti e con quali obiettivi?
I software che personalmente utilizzo con maggior frequenza sono Project, Navisworks Manage, Primus, Excel, Wunderlist e Outlook. In realtà uso molto anche carta e penna (rigorosamente digitali col mio iPad Pro) mentre per la modellazione i ragazzi, in studio, utilizzano principalmente Revit che, nelle commesse dove ricopriamo anche la Direzione Lavori, impiegano fino al LOD F (As Built). Alcuni ragazzi usano anche altri software come Edificius (soprattutto per il concept), EyeCad VR, Advance Design o Timbertech per la modellazione delle strutture.
Gli obiettivi principali, in tutte le commesse che sviluppiamo, sono 5: il rispetto delle normative, il rispetto degli standard prestazionali e qualitativi previsti nel progetto, il rispetto del budget, il rispetto dei tempi e, infine, scongiurare il contenzioso. Fissiamo gli obiettivi di commessa, appena acquisita, poi entriamo nel merito della pianificazione di dettaglio e qui, a seconda della commessa, si definiscono obiettivi specifici in aggiunta ai 5 obiettivi di cui sopra.

In che modo viene utilizzata la metodologia BIM all’interno del vostro studio?
Abbiamo dei protocolli che abbiamo iniziato a scrivere a partire dal 2015. Oggi, a distanza di 4 anni, non abbiamo ancora definito in modo compiuto ogni singolo processo proprio perché continuiamo ad ottimizzare il nostro modo di operare. Ogni nuova commessa presenta peculiarità differenti, questo ci permette di mettere alla prova alcuni processi e, se si possono migliorare, lo facciamo senza esitare e con grande consapevolezza dei risultati che andremo a raggiungere.
Non perdendo di vista gli obiettivi principali e quelli specifici, i percorsi per raggiungere al meglio tali obiettivi possono essere differenti. Anche l’introduzione di un nuovo software, oppure nuovi strumenti all’interno di un software noto, può stimolare dei cambiamenti dei processi. Inizieremo a strettissimo giro le procedure che ci porteranno ad avere un Sistema di Gestione del BIM certificato ICMQ anche per garantire ai nuovi Clienti gli standard che siamo in grado di offrire.

Mi può parlare di un suo progetto, di recente realizzazione, con metodologia BIM?
In pochi anni abbiamo fatto diversi progetti di edifici ex novo, sia pubblici che privati, con metodologia BIM. In ogni progetto abbiamo progressivamente migliorato gli standard, il contenuto delle informazioni dal modello alla tavola, l’interoperabilità con gli esecutori e con la stazione appaltante, la quantità e qualità dei dati che finiscono negli “as built” per la successiva fase di facility management.
Un progetto al quale sono molto legato è il progetto pilota, quello delle due scuole gemelle di Acqui Terme, che abbiamo realizzato in tempi record. Abbiamo svolto ogni ruolo tecnico all’interno del processo costruttivo (le tre fasi di progettazione integrata di tutte le tre discipline, la direzione lavori, il coordinamento per la sicurezza, la progettazione ed il controllo dei criteri del protocollo ITACA (sono i primi due edifici non residenziali in Italia in fase di certificazione nazionale), la direzione artistica. Insomma, una commessa che ci ha assorbito completamente e abbiamo avuto modo di provare la metodologia BIM anche in cantiere. Le scuole sono state realizzate con sistemi di prefabbricazione a telaio leggero (platform frame) in legno lamellare. La metodologia BIM si sposa benissimo con la prefabbricazione. È stato interessante colloquiare con i prefabbricatori delle strutture lignee che hanno ricevuto il ns. progetto strutturale LOD D e ce l’hanno restituito al LOD E per le relative approvazioni prima della produzione degli elementi in stabilimento.
In cantiere abbiamo avuto modo di acquisire dati, informazioni del modello, direttamente con i tablet e abbiamo potuto sperimentare anche la realtà virtuale con i diversi capi squadra. Grazie ad una buona sinergia con i costruttori e a un buon modello BIM, siamo riusciti ad evitare imprevisti/varianti e le scuole si sono concretizzate in tempi record. In soli 11 mesi è stato allestito il primo dei due cantieri, sono state fatte le fondazioni, le strutture prefabbricate, le opere interne rigorosamente a secco, gli impianti meccanici, elettrici e speciali, le finiture, le opere esterne, gli arredi, sono stati fatti i collaudi e sono state rese agibili. A ottobre 2016 è stata montata la recinzione di cantiere, l’11 settembre 2017 sono entrati 405 studenti, oltre ai docenti e il personale addetto, e hanno svolto regolarmente il primo giorno di lezione.
Per questo lavoro abbiamo avuto anche un importante riconoscimento vincendo il Digital BIM Award 2018 nella categoria Edifici Pubblici. Guardando la dimensione delle società concorrenti e i relativi progetti, questo premio ci ha confermato che la strada intrapresa qualche anno fa è quella giusta.

Quali sono secondo lei le prospettive future del BIM in Italia?
Mi pare di avvertire che il mercato italiano sia, in questa fase, in grande fermento. C’è la consapevolezza che “qualcosa” stia cambiando. Chiacchierando con colleghi, più o meno esperti, che non operano ancora in BIM, emergono diverse reazioni rispetto a questo cambiamento. Da una parte trovi molta curiosità nonché una grande volontà di informarsi e di formarsi, dall’altra avverti una grande diffidenza verso il cambiamento. Una diffidenza più o meno fisiologica soprattutto se l’interlocutore ha operato per diversi anni con metodi e strumenti differenti rispetto a quelli che oggi ti offre il mercato. Credo che ogni cambiamento debba essere interpretato come un forte stimolo per crescere e migliorare. In Italia ci sono numerose aziende ed eccellenti interpreti della materia che stanno facendo un grande lavoro di divulgazione della metodologia BIM. L’impianto normativo nazionale, la UNI 11337, credo sarà la vera linea guida per operare in qualità con metodologia BIM e sono certo che il settore AEC non potrà che trarne enormi vantaggi dall’utilizzo di questo sistema di qualità. I vantaggi probabilmente si potranno misurare tra qualche anno, quando ci sarà un discreto storico e si potranno valutare concretamente i risparmi nella fase di facility management dell’edificio digitalizzato.

 

 

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Giornalista professionista della redazione di BIMportale, dopo i primi anni a rincorrere notizie di cronaca e attualità ha deciso di fermarsi per seguire più da vicino il mondo dell’architettura e del design. Collabora con diverse testate di questo settore alla ricerca di progetti e nuove iniziative da raccontare e descrivere con una particolare attenzione alle idee più innovative approfondendo anche tematiche legante al rispetto dell’ambiente e alle fonti rinnovabili.


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