Laura Carpentiero: Il potenziale del BIM per l’archeologia

L’archeologa Laura Carpentiero ci ha raccontato come l’archeologia possa incontrare il BIM e quali possibili applicazioni di questa metodologia possano ritrovarsi nella pratica archeologica. Attualmente opera come archeologa specializzata ed esperta BIM per l’archeologia collaborando con il CISA – Centro Interdipartimentale di Servizi di Archeologia dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e con la società Tecno In Geosolution SpA, società multidisciplinare specializzata sulle infrastrutture, l’ambiente e il territorio.

Quale è stato il suo percorso di studi e professionale che l’ha portata al BIM?
Sono una archeologa laureata all’Università degli Studi di Napoli L’Orientale con un corso di laurea in Archeologia Oriente Occidente, una particolare tipologia formativa che prevede per il futuro professionista un percorso di studi non solo incentrato sulla storia e archeologia del mondo Occidentale, ma anche sulla conoscenza comparata delle culture antiche del Vicino Medio ed Estremo Oriente.
Dopo la laurea magistrale mi sono specializzata all’Università del Salento in Archeologia Classica e questa specializzazione ha il valore di abilitazione professionale il che mi permette di praticare la professione in ambito archeologico.
Sono arrivata al mondo del BIM attraverso un dottorato di ricerca Innovativo a Caratterizzazione Industriale; lavoro concluso e sono in attesa a breve di discutere la tesi. Questo progetto di ricerca, finanziato con fondi PON – Ricerca e Innovazione – 2014-2020, ha per titolo “La metodologia BIM (Building Information Modelling) per l’acquisizione, l’elaborazione e l’integrazione dei dati di rilievo per lo studio, la conservazione e la valorizzazione del costruito storico”; fa parte di quella tipologia di dottorati di ricerca che prevedono per ambiti prevalentemente umanistici la possibilità di ampliare i propri orizzonti attraverso applicazioni tecniche informatiche digitali, permettendo inoltre l’ingresso in azienda attraverso uno stage.
In questo progetto di ricerca ho cercato di approfondire l’applicazione del BIM come metodo di gestione del contesto archeologico. Grazie a questo dottorato ho avuto la possibilità di ampliare quindi la mia formazione classica con un approccio più tecnologico e digitale.

Può descriverci l’obiettivo di questo dottorato di ricerca?
L’idea è quella di creare una metodologia di lavoro standardizzato come sistema di gestione di un contesto archeologico. creando delle best practices che possano essere utilizzate a partire dalla fase di acquisizione dei dati in campo fino alla fase di definizione della semantica di modellazione e infine alla creazione del modello BIM.
Questa è sicuramente una grande sfida per il mondo dell’archeologia: la maggior parte dei beni archeologici monumentali, infatti hanno attraversato numerose fasi di vita, dalla definizione, all’utilizzo, fino al reimpiego e l’abbandono. Il mio lavoro si è concentrato soprattutto sulla definizione di una semantica di modellazione: è infatti necessaria la scomposizione semantica del bene da modellare in BIM per definire le famiglie, gli oggetti parametrici e le linee guida per come modellarli.
Una parte importante della mia ricerca sono stati i casi studio. Il BIM per la gestione del contesto archeologico è stato testato sulla base delle evidenze monumentali di alcuni contesti di Paestum e Pompei. Sulla base dello studio degli elementi di edilizia domestica pompeiana ho ricreato una libreria di materiali e oggetti parametrici archeologici in ambiente Autodesk Revit; si tratta di una libreria semantica di oggetti parametrici che sono arricchiti da tutte quelle informazioni che non sono relative solo alla tecnica edilizia ma anche a valori cronologici.
Questa fase di creazione di una semantica di modellazione permette una collocazione temporale del manufatto che ritengo una parte molto importante della creazione di un modello BIM per l’archeologia. Non basta creare un oggetto BIM ma è necessario impegnarsi a realizzare un database che parta dall’elemento parametrico e permetta all’utente di ritrovarsi certamente un “oggetto”, ma anche un insieme di “informazioni archeologiche” che permettano di creare computi metrici o simulazioni ricostruttive sul reale. In questo modo è possibile dare vita a una banca dati con tutte le informazioni possibili e creare abachi che possano collegare e relazionare informazioni all’interno di un determinato contesto archeologico.

Quale può essere quindi la finalità ultima dell’applicazione del BIM in archeologia?
Basti pensare a quanto è stato dirompente l’uso del GIS per la gestione dei dati spaziali, mappe tematiche e studi areali: il BIM può avere lo stesso impatto, non solo come metodo/strumento per creare un gemello digitale dell’evidenza archeologica, ma anche proporsi come mezzo per la gestione e manutenzione dell’opera.
Infatti, la modellazione BIM dell’evidenza archeologica può essere utile per la pianificazione di indagini future per la gestione quotidiana del bene come, per esempio, per la creazione di percorsi di illuminazione o l’utilizzo di elementi relativi all’architettura moderna come passerelle, lucernai coperture moderne, ecc. Gli elementi di architettura moderna possono dialogare con gli oggetti “archeologici” BIM del modello. A tale proposito, ho avuto la fortuna di fare uno stage all’azienda Tecno In Geosolution SpA, con cui collaboro ancora oggi, e questo mi ha permesso di comprendere sul campo la necessità di acquisizione di dati affidabili dal punto di vista geometrico per non compromettere tutto il sistema BIM. All’interno dell’azienda ho avuto la possibilità di implementare la mia formazione attraverso l’utilizzo delle più moderne strumentazioni per il rilievo quali droni, laser scanner, termografia e fotogrammetria, ecc.; tecnologie, strumenti e devices che credo oggi siano assolutamente necessari all’interno della pratica di rilievo archeologico.

Può essere il BIM una chiave per l’indagine geologica, un modo per evitare conflitto tra evidenza archeologica e la necessità del costruttore?
Le ultime normative in materia di appalti pubblici pongono, attraverso le pratiche di archeologia preventiva, la figura dell’archeologo coinvolta attivamente, non solo nella gestione del patrimonio archeologico dal punto di vista della ricerca, ma anche e soprattutto dal punto di vista dell’indagine e della tutela, con responsabilità in sede di progettazione. Per esempio, immaginiamo un’opera pubblica che deve essere costruita vicino ad un monumento storico: credo sia molto importante la possibilità che un’analisi archeologica possa dialogare con un progetto infrastrutturale proprio attraverso l’ambiente BIM e che tutte le informazioni necessarie per la gestione di un bene siano in collocate, gestite e gestibili in un’unica piattaforma.

 

 

 

 

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Giornalista della redazione di BIMportale, professionista della comunicazione e del marketing per il settore AEC – Architetture Engineering & Construction. Ha lavorato per molti anni nell’editoria B2B dirigendo una delle principali testate specializzate per l’industria delle costruzioni, per la quale è stato autore di numerosi articoli, inchieste e speciali. Durante questa lunga esperienza editoriale ha avuto modo di vivere e monitorare direttamente l’evoluzione del settore e la sua continua trasformazione, lavorando a stretto contatto con i principali protagonisti del mercato: imprese edili, progettisti, committenti, produttori. Su tali premesse nel 2007 ha fondato l’agenzia di comunicazione e marketing Sillabario, che si occupa delle attività di comunicazione e ufficio stampa di importanti marchi industriali del settore delle costruzioni.


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