Focchi opera nel campo dell’architettura dal 1914: è specializzata nella realizzazione di soluzioni di facciata customizzate e uniche, occupandosi della gestione globale del progetto, dal design alla produzione, fino alla posa in opera in cantiere. Per approfondire questa importante realtà, BIMportale ha intervistato Massimo Cicognani, BIM Manager di Focchi Group.
In che modo il Gruppo Focchi ha approcciato e implementato il BIM?
La nostra forza è quella di riuscire a portare a livello industriale l’approccio, la cura e l’attenzione al dettaglio tipiche del mondo artigianale. Focchi conta circa 250 dipendenti in Italia. A livello globale, con l’indotto dei
cantieri e contando anche la recente apertura di una sede produttiva in Connecticut (USA), arriviamo a circa 500 dipendenti.
Lavorando molto con l’estero, il primo contatto con il BIM è avvenuto parecchi anni fa in risposta al bisogno di rendere più fluida la collaborazione tra le varie discipline (impiantisti, “facciatisti”, strutturisti, impresa edile, ecc.). Dovendo noi confrontarci con progetti complessi e quasi “sartoriali”, avevamo la necessità di un coordinamento efficace: non si può arrivare alla fase di cantiere senza avere tutti gli elementi predisposti ad hoc per la posa della facciata. Già prima che si parlasse di BIM avevamo adottato quindi un sistema di coordinamento in 3D per rilevare tempestivamente le clash detection.
I nostri clienti inglesi hanno poi seguito la normativa inglese che ha dettato un po’ la strada a livello internazionale sull’adozione a più livelli e a fasi successive del BIM, e hanno cominciato già qualche anno fa a chiederci di arricchire il modello con delle informazioni che non erano propriamente tecniche. Una fra queste – forse quella che ci ha dato lo stimolo per evolvere – era lo stato di avanzamento lavori.
Se in passato producevamo documenti e file sullo stato di avanzamento lavori con software e programmi di tipo Office, questo non era più sufficiente. I clienti avevano una forte necessità di controllare che il crono programma fosse rispettato. Volevano sapere cosa era in produzione, quali materiali fossero già pronti nei piazzali, cosa poteva essere inviato in cantiere, e così via. Questo controllo molto serrato è stato quindi “trasferito” su una piattaforma BIM, con l’aggiunta anche della gestione dei pagamenti e delle fatture. Di fatto, con una sola piattaforma, si poteva avere evidenza dell’avanzamento,
della produzione, del trasporto, della posa in opera, dei controlli qualità e di sicurezza, i report di recepimento delle aree di lavoro, fino all’evasione dei pagamenti. Abbiamo così abbandonato la nostra vecchia gestione 3D per andare su una piattaforma universalmente riconosciuta con un formato file, l’IFC, che fosse unificato e interoperabile.
Quali sono i vantaggi principali del passaggio al BIM?
Il BIM offre più efficienza, produttività e interoperabilità. L’intero sistema è progettato al fine di ridurre perdite di informazioni, discrepanze e costi, creando al contempo condizioni di massima condivisione delle informazioni e controllo accurato del progetto. Consente di avere un maggior controllo su ogni fase della commessa, affinché il processo non si fermi e non ci siano ritardi e sospensioni nei lavori. Permette anche di ridurre sensibilmente gli sprechi e i tempi, ottimizzando gli aspetti di logistica: la consegna just in time del materiale ne previene lo stoccaggio in cantiere. Si pensi per esempio a un cantiere nel centro di Londra dove gli spazi sono ridotti: abbiamo un centro logistico fuori Londra e i viaggi dei materiali sono calcolati e gestiti nell’ottica del just in time, lo stesso succede in Italia grazie a un centro logistico vicino a Bologna.
Con il BIM, tutte le informazioni utili sono integrate in un unico modello.
Come lavorate in BIM in Focchi?
Oggi tutte le commesse sono seguite in BIM, lo abbiamo incorporato nel nostro flusso di lavoro in modo strutturale. È stato un cambiamento graduale. Basti pensare che il nostro CDE interno è stato introdotto “solo” due anni fa, prima ci appoggiavamo ai CDE dei clienti; poi abbiamo visto che a livello procedurale ci sarebbe stato utile avere un
ambiente nostro e abbiamo scelto di adottare una piattaforma interna, che usiamo anche per effettuare i controlli qualità sui modelli che riceviamo da studi esterni.
Ogni progetto “nasce” in Focchi, abbiamo uno studio tecnico in cui lavorano circa 70 persone, poi per la modellazione e gli aggiornamenti in fase esecutiva ci appoggiamo anche a realtà esterne. Abbiamo sviluppato una serie di procedure automatiche automatizzate basate sul BIM che ci consentono di risparmiare tantissime ore e ci permettono di vedere in tempo reale l’avanzamento delle commesse.
Realizziamo diversi mockup per il cliente: uno visivo iniziale, uno relativo alle performance, anzi più di uno, con l’obiettivo di validare le soluzioni tecniche. Lavorando con importanti architetti di fama internazionale non utilizziamo soluzioni commerciali: il nostro compito è quello di tradurre le loro idee creative in soluzioni concrete e realizzabili tecnicamente.
Il BIM ci consente di progettare e documentare contemporaneamente, anziché in serie, poiché tutte le comunicazioni vengono create dinamicamente durante l’elaborazione del progetto. Anzi, spesso partiamo proprio “dal cantiere” a incorporare le informazioni nel modello.
Oltre a sfruttare il BIM per la gestione del cantiere e per il controllo di produzione, recentemente abbiamo lanciato un sistema di progettazione derivato dal BIM che ci consente il BIM to Production diretto: dalla modellazione alla produzione, evitando rischi di imprecisione che nel nostro prodotto non sono tollerabili.
Possiamo citare qualche progetto significativo che Focchi ha seguito in BIM?
Il mercato italiano rappresenta circa il 5% del nostro giro d’affari, Focchi è molto attiva sul mercato estero e in particolare in quello inglese (soprattutto Londra e
Manchester). Abbiamo una sede a Londra da più di vent’anni e sono ormai innumerevoli gli edifici che abbiamo realizzato, alcuni oramai divenuti iconici, come Paddington Square, Battersea, Park House, e tanti altri. Recentemente siamo anche sbarcati a New York, città in cui abbiamo già seguito importanti progetti come quello della Columbia University a firma di Renzo Piano; oppure la ristrutturazione della Domino Sugar Refinery, palazzo molto iconico che ha conservato la sua struttura industriale in mattoni da ex edificio industriale, all’interno del quale è stato costruito un involucro edilizio in acciaio e vetro dalle importanti curvature.
Sebbene la maggior parte dei nostri progetti sia all’estero, in Italia abbiamo comunque seguito dei progetti importanti come quello delle torri di City Life a Milano. Sempre a CityLife abbiamo anche recentemente acquisito il contratto per City Wave, l’edificio a forma di “onda” che sorgerà all’ingresso dell’area.
A che punto è, secondo la vostra percezione, il grado di maturità del BIM?
Potendo fare il confronto tra Italia e Inghilterra, emergono ancora delle notevoli differenze. In Inghilterra la nostra esperienza è stata molto positiva: il BIM è recepito come qualcosa da integrare perché utile, non perché di moda. Si esce dal teorico e prevale il senso pratico. In Italia questo non è compreso a fondo, almeno non ancora.