Da sempre attratti e attenti all’evoluzione digitale, lo Studio Bilanzuolo fondato a Giovinazzo, Bari nel 1991, si è avvicinato alla metodologia BIM nel 2011 come ci racconta l’arch. Simone Bilanzuolo, BIM Specialist dello studio.
Come vi siete strutturati per operare il cambiamento sia a livello di personale sia tecnologico?
Siamo strutturati da oltre dieci anni con piattaforme di BIM Authoring in sostituzione del tradizionale metodo di Computer Aided Design, CAD. Il passaggio al metodo informativo è avvenuto gradualmente e senza strappi. Quotidianamente lavoriamo commesse e oggetti di design con Autodesk Revit (che dichiaratamente non è di per sé il BIM, ma svolge una parte dominante nel processo di progettazione e gestione dell’informazione) e software e plug-in BIM-oriented connessi ad esso.È per noi fondamentale che sia ampiamente conosciuto l’utilizzo dei software e le potenzialità che essi hanno da offrirci. A tal proposito sosteniamo fortemente il training del personale e un piano di sviluppo interno. Il processo di training interno è continuo: negli anni abbiamo provveduto e continuiamo quotidianamente a tenerci aggiornati. L’idea alla base è quella di porre e mantenere al centro il progetto di architettura e design, pur adeguando alle nuove metodologie e ai nuovi strumenti di cui ci dotiamo il workflow creativo e il processo lavorativo, senza però intaccare negativamente la qualità del prodotto finito.
È questo il principale motivo che mi ha spinto a conseguire la qualifica, certificata dall’istituto ICMQ, di BIM Specialist nella disciplina Architettura e che mi vede soggetto fortemente interessato ai frequenti sviluppi che la materia BIM propone giorno dopo giorno.
Quali vantaggi riscontrate quotidianamente nella progettazione in BIM?
La progettazione in BIM garantisce il controllo approfondito e reale, nonché un valido supporto in itinere, delle varie fasi di un’architettura, dalla progettazione preliminare alla cantierizzazione, garantendo il raggiungimento a termine dell’opera, di standard qualitativi di livello superiore. In particolar maniera, a fronte di un dispendio iniziale maggiore in termini di tempo, ci si ritrova a termine del processo architettonico con una più precisa, dettagliata, elastica e adattabile procedura edilizia, che dichiaratamente concorre all’ottimizzazione dei processi realizzativi.
L’apporto della progettazione in BIM ha sicuramente snellito le procedure conseguenti la redazione di un progetto architettonico, quali la computazione metrica (con riduzione comprovata del margine di errore), la gestione delle successive modifiche e/o varianti in corso d’opera, l’interdisciplinarietà tra le figure professionali coinvolte, la condivisione delle esperienze.
È chiaro che risulta indispensabile conoscere i software ma ancor più il processo edilizio per poter sviluppare modelli corretti e funzionali.
Inoltre, vantaggi considerevoli del progettare in BIM sono associati all’esponenziale capacità di personalizzazione e di informazioni che ogni modello può contenere al suo interno: famiglie, oggetti, parametri, dati, possono essere nidificati tra di loro sino a raggiungere livelli di dettaglio estremamente affinati. L’estrema personalizzazione deve però essere calibrata a seconda delle esigenze reali, per permettere di mantenere una certa snellezza operativa nel metodo e nella redazione degli elaborati, organizzando quindi la modellazione e il progetto BIM con riferimento al LOD (Level of Development) corrispettivo.
È inoltre per noi, notevolmente vantaggioso che al termine e/o durante il processo compositivo e progettuale sia possibile, attraverso l’impiego di software correlati, ottenere immagini e frames utili alla visualizzazione fotorealistica dei progetti (rendering, video-animazioni), riducendo notevolmente le distanze con la committenza.
Quali sono state le maggiori difficoltà che avete dovuto affrontare?
Le difficoltà derivanti da una scelta come questa sono prevalentemente legate alla refrattaria resistenza al cambiamento che investe l’ambito architettonico, perlomeno alla piccola scala e nel privato. Risulta decisamente complesso scardinare la tradizione metodologica legata al Computer Aided Design, in quanto è erronea opinione diffusa che adottare il BIM comporti un dispendio economico e temporale considerevole. Se poi si aggiunge la diffidenza della clientela e la difficoltà di ottenere il giusto riconoscimento economico per gli sforzi e l’impegno profuso, è chiaro come il panorama futuro e presente risulti ancora parzialmente irto e difficoltoso.
Per giunta, in alcune occasioni c’è da scontrarsi con le figure professionali e le aziende che orbitano attorno l’attività progettuale propria del nostro studio, ancora ostili all’innovazione tecnologica e all’adozione del metodo di cui discutiamo. Questo limita molto lo sviluppo di progetti BIM a tutto tondo, che dunque risultano monchi di comparti diversi da quello architettonico, prodotto in-house. Intendo dire che sono molti ancora gli studi di architettura, ingegneria o di progettazione impiantistica, o le aziende fornitrici di materiali e prodotti edili, che non percepiscono ancora a pieno l’importanza del BIM e lo rifuggono per motivi eterogenei, non comprendendo trattasi di una vera e propria rivoluzione del processo edilizio, ostacolando la realizzazione di modelli completi in ogni categoria componente. Ci si vede costretti, alle volte, controvoglia, ad accettare downgrades imposti dal contesto.
Fondamentale è il tema Open BIM e afferente alla condivisione delle informazioni tramite l’impiego del formato IFC. L’idea di condividere un formato dati aperto, svincolato da qualsivoglia software house è di per sé un’idea encomiabile, capace di garantire la completa integrazione delle discipline coinvolte e di promuovere il meritevole ideale di collaborazione professionale; ma ad oggi la condivisione dei formati IFC, a mio modo di vedere, non è ancora correttamente integrata nella filiera BIM, limitando in parte l’interoperabilità e lo scambio dati, soprattutto se questi vengono trattati ed interrogati in ambienti e piattaforme non native.
È chiaro che la direzione intrapresa è quella giusta e siamo molto fiduciosi che nel breve possa solo migliorare, avvantaggiati di averla percorsa nei tempi corretti.
Può raccontarci di alcuni progetti recenti che sono esemplari del vostro percorso nell’implementazione del BIM?
L’intera totalità dei progetti prodotti all’interno del nostro studio di architettura può essere ricondotta alla metodologia di modellazione informativa BIM. Il nostro ambito di intervento è prevalentemente legato all’architettura privata e al design di interni. Abbiamo realizzato e tuttora realizziamo in BIM progetti architettonici (sin prima di condividerli con chi collabora con noi) e di Design (modellazione parametrica di famiglie e di oggetti di design specifici). In prima persona, impiego la giornata lavorativa perlopiù in modellazione, ma mi trovo spesso coinvolto in attività di problem-solving e di management del progetto BIM, interessandomi quindi non solo del compito professionale di Specialist, bensì indirettamente anche di quelli di Coordinator e Management, capacità trasversali, necessarie alla buona riuscita finale del progetto.
Data la difficoltà precedentemente esposta di non riuscire spesso a interfacciarci con studi e società orbitanti attorno lo studio professionale, avvezze alla metodologia BIM, non possiamo disporre di numerosi esempi emblematici (completi di tutte le discipline coinvolte) della nostra attività in BIM, poiché, nostro malgrado, questa, alle volte, resta conclusa ed isolata al progetto architettonico in sé e non integra le altre specialità che dovrebbero naturalmente essere inserite in maniera interdisciplinare.
Tuttavia, possiamo far riferimento ad alcuni esempi di architetture private che ci permettono di descrivere in parte la nostra realtà professionale e l’attitudine al progetto in BIM. Tra tutti, potremmo menzionare un progetto, in seguito cantierizzato, di ville unifamiliari del tipo a schiera, sviluppate su tre livelli sovrapposti (di cui uno seminterrato) con accesso autonomo, insistenti in area di nuova edificazione, in Giovinazzo (BA), cittadina marittima del nord-barese. L’intero progetto architettonico è stato redatto in BIM e questo è stato di grande aiuto per l’esattezza delle computazioni metriche e per la precisione degli elaborati prodotti, non solo in ambito progettuale ma anche all’atto di acquisto dei materiali da costruzione e durante la fase di realizzazione del manufatto, come testimoniato dalle imprese edili e dalle maestranze che ne hanno poi appaltato i lavori.
Altri progetti BIM sono attualmente in corso d’opera, redatti sempre con l’ausilio di Revit che si identifica prioritaria piattaforma di interscambio tra le varie discipline.
L’augurio è quello di poter quanto prima inserire, con maggior frequenza, all’interno dei nostri progetti discipline differenti quella architettonica, con l’obiettivo di una completa integrazione e interdisciplinarietà tra tutti i soggetti coinvolti.
Cosa ne pensa dello sviluppo del BIM in Italia?
In ambito nazionale, la metodologia BIM risulta ancora acerba, soprattutto se la si associa a realtà medio-piccole, tra le quali chi la impiega risulta ancora visto come una mosca bianca. Come già detto, è evidente una grande resistenza al cambiamento in tutto il settore AEC, constatata personalmente a seguito di differenti partecipazioni a convegni e talks riguardanti la tematica in oggetto. Molti non sono ancora consci del potenziale che il BIM può offrire, o perseverano l’idea che questo sia solo una trasformazione nel metodo di rappresentazione e modellazione degli oggetti e delle architetture.
La causa è da identificarsi probabilmente nella scarsa consapevolezza che quella che si presenta come rivoluzione BIM possa offrire vantaggi in termini di efficienza e sostenibilità dei processi edilizi nel breve e, soprattutto, a lungo termine, a fronte di un sacrificio iniziale che appare proibitivo ed impedente per alcuni (costi di gestione, di aggiornamento, di dotazione software).
In vista dei futuri aggiornamenti legislativi, che prevedono in linea di massima l’obbligo di adozione della metodologia BIM in ambito pubblico entro il 2025 e che certamente coinvolgeranno in certa maniera anche l’ambito edilizio privato, coloro i quali rifuggono ora da questa scelta, si troveranno poi costretti a subirla, rincorrendo affannosamente quindi un processo che è cominciato nel passato, per non restare indietro.
La realtà della nuova metodologia informativa BIM offre già da ora grandi spunti per la cooperazione e la collaborazione professionale, grande motore di accrescimento di conoscenza dei soggetti e degli attori coinvolti nei processi edilizi ed informativi e che sicuramente è la chiave di lettura corretta per intraprendere sfide future. Siamo fermamente convinti che il metodo BIM nel futuro prossimo riuscirà definitivamente, almeno nella sfera pubblica, a rinnovare integralmente il settore AEC, con trasformazioni in tutti gli ambiti connessi.
Sarà però chiaramente necessario che l’intera filiera sia preparata alla progressiva evoluzione imposta e sia consapevole dei limiti, delle opportunità, dei vantaggi che ne scaturiranno. Bisogna che si sfati il mito che il BIM sia complesso e non sufficientemente utile alla progettazione in ogni scala, sia pubblica sia privata. Per farlo è necessario che sia fatta chiarezza tra tutti gli attori del processo edilizio, dal committente al progettista, e che siano ben delineate le normative afferenti in merito, non ancora perfettamente complete.