Simone Caimi: il BIM come volano della creatività

Ha scoperto i software parametrici per caso una quindicina di anni fa, e subito ha capito che quello sarebbe stato il futuro. Dopo anni di progettazione nel settore sanitario/ospedaliero l’architetto Simone Caimi è entrato nel Luglio del 2013 in Lissoni Associati, dove per quattro anni ha affrontato una nuova sfida ricoprendo il ruolo di BIM Coordinator e implementando le procedure BIM praticamente da zero in progetti articolati e di notevole complessità. Da Dicembre 2017 ricopre la carica di BIM Manager in PARK Associati, uno studio fortemente orientato verso l’innovazione tecnologica.

Quali sono le caratteristiche principali della sua figura professionale?
Non credo che ci siano caratteristiche tipiche del mio ruolo. Ogni BIM Manager deve giocoforza plasmare le proprie competenze e attitudini al core business dello studio col quale collabora. Un BIM Manager di uno studio di interior design avrà competenze diverse da uno che opera, per esempio, presso un general contractor. Sono ambiti molto distanti, con obiettivi diversi e con competenze diverse: il BIM è un abito che va tagliato su misura. E’ pur vero però che un BIM Manager deve conoscere l’ambito in cui opera e capire le necessità dello studio che coordina. In uno studio di ingegneria sarà probabilmente un ingegnere, avrà esperienza nell’attività professionale e conoscerà i principi della professione sapendosi interfacciare in maniera disinvolta con gli altri ingegneri. Non credo nei BIM Manager “solo software”. La corsa al software è una battaglia persa; ci sarà sempre un giovane più bravo di te. Il BIM Manager deve saper impostare una rotta e percorrerla con metodo.

Come opera quotidianamente, con quali strumenti e con quali obiettivi?
PARK Associati opera quotidianamente con Revit, Dynamo, Rhinoceros, Grasshopper e AutoCAD. Il BIM purtroppo non si può ancora ricondurre a un solo ambiente, ma occorre un know-how multipiattaforma, frutto della collaborazione di un team di sviluppo determinato e coeso. Gli obiettivi sono semplici e chiari: attribuire al modello il minimo delle informazioni sufficienti alla completa realizzazione del progetto, perderne la minor quantità possibile cambiando piattaforma. L’obiettivo è l’edificio.

In che modo viene utilizzata la metodologia BIM all’interno del vostro studio?
In PARK il BIM parte dal primissimo approccio al progetto tramite file Revit, Rhino e AutoCAD perfettamente georeferenziati. Cerchiamo di migliorare costantemente i nostri workflow per avere il minor numero di passaggi possibile e la maggior velocità in esportazione/importazione senza incaponirci su ciò che il software non può fare ma accettando con umiltà di cambiare le nostre abitudini. Dopo il settaggio iniziale dei file, il processo di progettazione è un flusso costante senza soluzione di continuità fino all’esecutivo.

Mi può parlare di un suo progetto, di recente realizzazione, progettato con metodologia BIM?
Le posso parlare di uno dei miei progetti più impegnativi dal punto di vista del coordinamento. Un vero intrico di file e di collegamenti overlay e underlay. Un dedalo in cui tutto era settato per progettare col minimo sforzo e nel minor tempo possibile. Il progetto, un resort di 95mila metri quadrati in un emirato arabo, era composto da almeno 12 file per altrettanti diversi edifici alcuni dei quali inseriti più volte in planimetria, ruotati, specchiati e perfettamente georeferenziati: reception, ville, SPA, ristoranti, e un albergo composto da un file del nucleo centrale cui erano collegate le due ali: uno stesso file specchiato e con alcune option. Le camere erano link esterni anch’esse linkate più volte e dotate di option. Un basement collegava tutti gli edifici tranne le ville. Un lavoro enorme, conclusosi senza alcuna eccezione da parte del cliente. Impossibile fare altrettanto in 2D con gli stessi tempi.

Quali sono secondo lei le prospettive future del BIM in Italia?
Penso che il BIM, in Italia così come all’estero, non possa far altro che diffondersi. La superiore qualità del progetto BIM è schiacciante rispetto al classico approccio 2D. La velocità della sua diffusione nel nostro paese dipenderà però da tanti fattori, il primo dei quali, inutile nasconderlo, è il suo costo: coloro che affermano il contrario non hanno mai pagato di tasca propria. Gli studi professionali saranno dunque costretti a un cambio radicale di prospettiva, porsi di fronte al mercato con mentalità di impresa, aumentare la produttività (concetto sconosciuto), abbandonare workflow dispersivi e approcciarsi al progetto con solide basi di Project Management, cosa rara nel nostro paese. Il secondo fattore è una mentalità provinciale assai diffusa negli studi di architettura, che vede nella tecnologia un freno alla creatività quando invece ne è il volano. L’architetto non è un artigiano, neanche nel senso romantico del termine. Chi lo pensa ha sbagliato paradigma. L’architetto è un professionista che dove misurarsi con un ambiente a sempre maggior contenuto di tecnologia e automazione. Nessun BIM è possibile senza sciogliere questo nodo.
(Foto: Courtesy Park Associati)

 

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Giornalista professionista della redazione di BIMportale, dopo i primi anni a rincorrere notizie di cronaca e attualità ha deciso di fermarsi per seguire più da vicino il mondo dell’architettura e del design. Collabora con diverse testate di questo settore alla ricerca di progetti e nuove iniziative da raccontare e descrivere con una particolare attenzione alle idee più innovative approfondendo anche tematiche legante al rispetto dell’ambiente e alle fonti rinnovabili.


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