Simone Compagnoni: Ognuno deve partecipare attivamente al cambiamento

Il percorso dell’arch. Simone Compagnoni in ambito BIM è iniziato al Politecnico di Milano e oggi lavora in Svizzera con il ruolo di BIM Manager per lo studio Orsi & Associati.

Come è arrivato al BIM?
Il mio percorso in ambito BIM inizia al Politecnico di Milano nel 2013 con il corso di costruzioni del professor Campioli, del professor Utica e del professor Della Torre. In seguito ho avuto modo di seguire prima l’attività del professor Utica nel dipartimento Abc e poi i lavori sui beni storici del professore Arlati. Grazie a un progetto con quest’ultimo ho avuto la possibilità collaborare all’interno di Maire Tecnimont, azienda internazionale leader del settore Oil&Gas dove si stava portando avanti il tema BIM in modo pioneristico, e tuttora avviene, implementandolo su numerosi progetti. La seguente laurea magistrale ha posto la fine al percorso accademico e dato il via in modo istantaneo al percorso lavorativo con Artelia Italia.

Quali sono le principali caratteristiche della sua figura professionale?
Personalmente mi sento prima di tutto architetto, un po’ ingegnere, e per indole familiare imprenditore. Durante i periodi estivi gestisco, con l’aiuto di alcuni collaboratori, un’attività alberghiera in quota. Il tempo è una componente fondamentale per me. Riuscire a ottimizzarlo e automatizzare certi processi è una priorità, virare sul BIM era una scontata conseguenza.
Le nuove figure professionali che sono nate e nasceranno nei prossimi anni andranno principalmente in due direzioni: aumentare la qualità e ridurre il tempo progettuale.
L’importanza del dato, della sua gestione, della verifica e della sua validazione, la condivisione, la tutela della proprietà saranno l’ordine del giorno.
Dall’altra molti processi, come ad esempio la modellazione dell’esistente, l’interoperabilità, tra software, il generative design, solo per citarne alcuni, dovranno diventare più user friendly e dovranno ridurre sensibilmente la componente tempo sui grandi progetti.

Quali vantaggi porta il BIM alla progettazione?
I vantaggi del metodo penso che si siano scritti e riscritti in molti testi, anche in questo portale che segue bene da anni la tematica, e credo sarebbe molto facile cadere nel banale. La cosa che reputo fantastica di questo mondo architettonico parametrico e digitale è la sua capacità di tenere uniti mondi molto distanti della progettazione. Capita spesso di fare riunioni nella quale un architetto pensi come un ingegnere; che un impiantista faccia il paesaggista… tutti vedono tutto (a volte troppo) e facendosi sempre domande approfondendo la progettazione di tutti gli attori in gioco e in modo inevitabile questo accresce la qualità progettuale. La critica che può essere fatta è che vedendo “troppo” i professionisti ormai tendono a perdere di vista un concetto fondamentale che è la scala di disegno rispettivamente alla fase progettuale nella quale si opera.

Come si lavora in BIM all’interno della sua realtà aziendale?
Lavoro da circa un anno e mezzo nello studio Orsi&Associati a Bellinzona come architetto e come BIM manager. Prima di questa esperienza ho lavorato due anni in Lombardini22 e prima ancora negli studi di Oneworks e Artelia Italia. La realtà dove mi trovo attualmente è in forte espansione e lavora molto con progetti pubblici. Essendo una delle maggiori realtà del Ticino abbiamo modo di valutare in modo adeguato quali siano i progetti dove è giusto implementare il BIM e dove non sia necessario. È ovvio che in mondo ideale, dove la letteratura e i casi studio lo hanno dimostrato, sarebbe interessante e motivante adottarla ovunque. A volte, bisogna fare un passo indietro e valutare: costi, benefici, tempi, risorse ed esperienze, fase del progetto, cliente e molto altro ancora. Una volta fatta l’analisi bisogna capire quale sia il workflow ideale per raggiungere l’obiettivo finale.
Anche in Svizzera stiamo applicando molto la metodologia, come nel nord Italia, e fortunatamente si sta sempre più diffondendo un sapere comune. Bello confrontarsi con enti pubblici che stanno facendo progetti pilota al loro interno, imparare insieme e sperimentare nuovi dialoghi con clienti lontani dal mondo della progettazione ma che aspirano alla digitalizzazione e all’automazione dei processi.
Interessante come in ambito elvetico vengano creati molti consorzi per la progettazione. Come in Italia, a seconda dei diversi progetti si creano ad-hoc questi contratti tra studi che consolidano in modo molto efficace i rapporti. A differenza dell’Italia, l’unione di questi consorzi è tale che possono considerarsi dei veri e propri nuovi studi di progettazione, a volte con una propria sede e con una definizione sociale ed economica.

Può raccontarci qualche progetto su cui sta lavorando?
All’interno dello studio stiamo seguendo molti progetti come Bim team. Alcuni molto importanti che hanno una risonanza pubblica (progetto per le nuove officine FFS, progetto del nuovo centro polisportivo del Lugano Calcio, la ristrutturazione dell’ospedale di Bellinzona, le nuove scuole professionali di Locarno, nuova sede dell’azienda dei trasporti luganese,…) e altri di medie/piccole dimensioni.
Cerchiamo di applicare la metodologia nelle diverse fasi progettuali, anche nei concorsi e nei progetti di massima, sempre tenendo conto costi/benefici prima citati. All’inizio di ogni commessa vengono discussi gli usi del modello capendo quali sono le finalità del lavoro. Ragionando in questo modo riusciamo a capire quanto investire su ogni commessa e allo stesso tempo il reale livello di implementazione al nostro interno. In tale modo sappiamo dove siamo bravi, dove vale la pena investire tempo e risorse per apprendere le conoscenze e dove invece non ci interessa approfondire perché lontano dai nostri obiettivi.

Quali sono secondo lei le prospettive del BIM in Italia?
Le prospettive sono ottime in Italia. Ormai, come da previsioni, il comparto pubblico è fortemente lanciato con Regioni e Comuni e i diversi enti (L’Agenzia del demanio, Provveditorato delle infrastrutture pubbliche, Banca d’Italia…) che si stanno organizzando per essere in grado di gestire la digitalizzazione, i bandi, l’archivio dati, la validazione dei modelli… Tutto questo movimento nel pubblico sarà il volano anche dei grandi privati (che ancora non si sono mossi in tale direzione). Sarà importante avere una classe dirigente formata, e capace a indirizzare e gestire le risorse nella giusta direzione.
Anche in Svizzera le prospettive sono molto buone, l’applicazione del metodo non è ancora vincolante, ma ci sono delle bozze di legge (SIA D 0270 – SIA D 0271 – SIA 1001/11 – SIA 1001/11K) che devono essere ancora approvate a livello nazionale, e che renderebbero obbligatorio l’utilizzo del metodo dal 2025 per tutti gli appalti pubblici. Questo sarebbe un cambiamento più radicale rispetto al cambiamento progressivo che sta avvenendo in Italia. Molti enti si sono già indirizzati in tale direzione come, per esempio SBB FFS che già sviluppa gran parte dei propri progetti secondo gli standard BIM.
In entrambe le nazioni ci sono ottimi segnali per il futuro. Siamo nel pieno della rivoluzione e ognuno di noi deve partecipare attivamente al cambiamento.

 

 

 

 

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Giornalista professionista della redazione di BIMportale, dopo i primi anni a rincorrere notizie di cronaca e attualità ha deciso di fermarsi per seguire più da vicino il mondo dell’architettura e del design. Collabora con diverse testate di questo settore alla ricerca di progetti e nuove iniziative da raccontare e descrivere con una particolare attenzione alle idee più innovative approfondendo anche tematiche legante al rispetto dell’ambiente e alle fonti rinnovabili.


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