Progettare HBIM: il caso della Pinacoteca di Cento

La Pinacoteca Civica “Il Guercino” a Cento (FE) venne costituita nel 1839, per raccogliere le opere d’arte recuperate dopo le requisizioni napoleoniche, all’interno del Palazzo del Monte di Pietà (1782). La Pinacoteca registra la maggior concentrazione al mondo di opere del Guercino e della sua Bottega, ma anche altre opere d’arte. In seguito agli eventi sismici del maggio 2012 la pinacoteca è stata gravemente danneggiata e resa inagibile.

La società Open Project si è occupata della progettazione esecutiva relativa all’intervento di ripristino e miglioramento sismico della Pinacoteca; abbiamo intervistato Fabrizio Sampietro (al centro nella foto), che ha lavorato al progetto in team con i colleghi Giacomo Bergonzoni e Ivan Cincotta (a sinistra e a destra nella foto), per farci raccontare meglio qual è stato l’approccio BIM a questo progetto di restauro conservativo.

Qual era l’obiettivo principale di questo progetto?
Il progetto prevede il recupero e il miglioramento sismico dell’edificio sede delle Pinacoteca di Cento. Si tratta di un edificio vincolato, fortemente danneggiato e reso inagibile dagli eventi sismici del 20 e 29 Maggio 2012 che hanno interessato l’area emiliana.
Il progetto prevede una serie di interventi volti a ripristinare e migliorare la risposta sismica dell’edificio. A questi interventi, di natura strutturale, si accompagnano una serie di accorgimenti volti a migliorare la fruibilità degli spazzi espositivi, in accordo con le richieste della committenza.
Trattandosi di un edificio danneggiato dagli eventi sismici, il suo recupero passa attraverso l’utilizzo di finanziamenti pubblici, a cui è legato uno specifico iter procedurale di approvazione e finanziamento, che ovviamente ha inciso sul processo di progettazione.
In questi casi è assolutamente necessario giustificare e quantificare correttamente ogni singolo intervento previsto, pertanto il nostro obiettivo principale è stato quello di utilizzare il modello per individuare, rappresentare e quantificare il danno e gli interventi previsti, confrontando i dati con quelli ottenuti seguendo un iter progettuale di tipo tradizionale.

In che cosa è necessariamente diverso l’approccio BIM per un edificio storico rispetto a quello che bisogna utilizzare per la creazione ex novo?
La prima grande differenza è nella quantità e tipologia di dati di partenza, che per un edificio storico sono decisamente maggiori. Occorre stabilire come catalogarli, codificarli ed archiviarli all’interno del modello (o dei modelli) per favorire la massima interoperabilità del dato e per consentire la realizzazione di un modello BIM coerente. Realizzare un buon modello può facilitare la comprensione dell’edificio e, in casi come questo, l’individuazione e l’analisi dei meccanismi di collasso innescatisi e le ragioni che hanno portato alla loro attivazione.
La seconda differenza riguarda le forme architettoniche coinvolte e conseguentemente il modo di rappresentarle all’interno del modello, nella sua accezione di data base di informazioni geometriche e non geometriche. Questo è un punto che ha una certa rilevanza in quanto, secondo noi, in ambito BIM non si modella per il gusto di modellare ed occorre prendere le distanze, almeno inizialmente, dal modo di operare proprio dei modellatori tradizionali, che permette la realizzazione di geometrie anche molto complesse tramite semplici operazioni come loft, sweep, estrusioni, unioni, sottrazioni, tagli, ecc.
Nel caso di edifici storici bisogna considerare che gli elementi architettonici che occorre realizzare non hanno una reale corrispondenza all’interno dei programmi di authoring ed anche trovandosi di fronte a elementi e forme ricorsive è quasi impossibile trovare due elementi perfettamente uguali.
Dalla nostra esperienza siamo giunti alla conclusione che per gli edifici storici i componenti da realizzare sono raggruppabili in tre categorie:
elementi decorativi (statue, bassi-rilievi, stucchi, ecc.) che, salvo casi particolari, possono non essere modellati o essere realizzati in maniera semplificata;
elementi decorativi architettonici (marcapiani, modanature, cornici, elementi di facciata) che possono essere realizzati tramite i comandi base dei programmi di authoring;
elementi architettonici (volte, archi, cupole) che occorre rappresentare ma, non avendo una corrispondenza nei programmi di authoring, pongono il progettista nella condizione di scegliere come realizzarli.
Parte del nostro lavoro si è concentrata proprio su questo aspetto e sulla possibilità di generare dei componenti BIM, in maniera automatizzata, in grado di restituire una corretta rappresentazione grafica e di fornire tutte le informazioni geometriche necessarie per la definizione e quantificazione degli interventi.
Abbiamo deciso di utilizzare la programmazione visuale; partendo dai parametri descrittivi delle forme da rappresentare (facilmente ricavabili dal rilievo) e scrivendo il codice generativo delle stesse, siamo riusciti ad ottenere un workflow in grado di ridurre drasticamente i tempi di realizzazione del modello e di ottenere informazioni geometriche altrimenti difficilmente ricavabili.

Quali sono i passaggi da affrontare in un progetto di HBIM?
Occorre prendere coscienza del bene e delle sue peculiarità, la chiesa di campagna della bassa modenese ha probabilmente caratteristiche diverse dalla basilica di Collemaggio a L’Aquila, pertanto richiede degli accorgimenti diversi. Spingersi nella modellazione di ogni singolo mattone o concio di pietra può avere un senso se si prevede un intervento di anastilosi o nel caso di un bene con particolari caratteristiche ma rischia di essere controproducente sia da un punto di vista di utilizzo del modello, in quanto la grande quantità di dati rischia di appesantirlo e di rallentarne l’utilizzo, sia al fine dell’interoperabilità del dato, in quanto un mattone o un concio non hanno una categoria di assegnazione nel formato IFC.
Sicuramente la principale differenza della progettazione HBIM è nella fase di partenza, stabilire una corretta strategia per la realizzazione del modello e per l’archiviazione delle informazioni di partenza (a cui si aggiungono quelle legate allo sviluppo del progetto ed all’individuazione degli interventi) è fondamentale; le problematiche successive sono assimilabili a quelle che si presentano nella progettazione BIM di un edificio ex novo.

Quali sono le caratteristiche principali della Pinacoteca “Guercino” che avete dovuto tenere in considerazione?
Trattandosi di un edificio storico è il risultato dell’aggregazione di corpi di fabbrica afferenti a epoche storiche differenti a cui si affiancano gli interventi di adeguamento funzionale dell’edificio, che nel corso della sua vita ha avuto funzioni diverse. Ci siamo trovati di fronte materiali e tecniche costruttive differenti e interventi effettuati nel tempo, che hanno portato alla configurazione attuale, che bisognava rappresentare ed indagare. Inoltre, tutti gli ambienti presentano delle volte in muratura, con mattoni disposti o in foglio o in taglio, di varia tipologia (padiglione, crociera, botte), che anche se in alcuni casi erano simili presentavano delle differenze dimensionali che abbiamo ritenuto opportuno rappresentare.
Ma l’aspetto di maggior rilievo è stato sicuramente l’analisi e la rappresentazione del danno e la successiva identificazione degli interventi previsti. Questa situazione è ovviamente legata al danneggiamento subito dall’edificio a causa del sisma, ma presenta diverse caratteristiche comuni con l’analisi del degrado e l’individuazione degli interventi che si affronta in tutti i progetti di restauro.

Quali sono state le maggiori difficoltà che avete affrontato in questo progetto?
Le principali difficoltà sono state:
– individuare un metodo per realizzare gli elementi architettonici storici;
– la redazione del quadro fessurativo e l’individuazione e rappresentazione degli interventi;
– la classificazione degli elementi e degli interventi all’interno del programma.
La prima problematica è stata superata tramite la realizzazione di componenti parametrici o di componenti generativi, realizzati tramite Dynamo, partendo da dati ottenuti dal rilievo; ciò ci ha permesso di velocizzare la realizzazione del modello e di migliorare e automatizzare l’estrazione delle quantità dei diversi interventi previsti.
Per quanto riguarda il secondo punto bisogna considerare che la valutazione dell’entità del danno, dei meccanismi di collasso innescatisi e l’individuazione delle carenze strutturali richiedono competenze tecniche non demandabili ad un software, pertanto la redazione del quadro fessurativo non è una procedura automatizzabile. Procedendo però ad una rappresentazione tridimensionale del quadro fessurativo siamo stati in grado di dare ad un simbolo grafico una connotazione spaziale ed un legame di appartenenza con lo specifico elemento strutturale. Inoltre, partendo dal quadro fessurativo così redatto, siamo riusciti ad automatizzare alcune procedure ripetitive, relative alla fase di progettazione, come la graficizzazione, l’indicizzazione e la quantificazione degli interventi sulle murature. Attraverso la realizzazione di un codice generativo abbiamo ottenuto tutti i volumi di muratura o le superfici di intervento, suddivisi in base alle diverse lavorazioni previste, classificati ed individuati spazialmente.
L’ultimo problema è invece di natura più concettuale e riguarda la classificazione all’interno del formato di interscambio IFC. Questo punto è al centro di un dibattito, soprattutto italiano, e ad oggi non ha una reale soluzione in quanto gli elementi dell’architettura storica, così come le varie forme di degrado, non hanno una propria collocazione nel formato IFC e ricadono all’interno di una categoria generica, che raggruppa elementi di natura anche molto diversa. Ovviamente abbiamo assegnato una codifica interna sia agli elementi che agli interventi, pertanto è possibile individuare in maniera univoca la specifica volta, lo specifico volume di muratura da ripristinare o la specifica tipologia di muratura, riuscendo ad individuarla spazialmente e ad ottenere tutte le informazioni in essa catalogate; di fatto però tutti questi elementi sono raggruppati all’interno della stessa macrocategoria IFC.

Quali sono i vantaggi nell’utilizzo del BIM anche per il patrimonio storico?
Il primo vantaggio è sicuramente la maggiore consapevolezza del bene in quanto la realizzazione del modello obbliga il progettista ad indagare l’edificio in ogni suo aspetto, molto più rispetto al metodo tradizionale. Offre inoltre la possibilità di migliorare l’organizzazione e l’accesso ai dati raccolti sull’edificio, attraverso l’adozione di standard su nomenclature e modalità operative.
Ma l’aspetto più interessante, come è emerso nelle nostre sperimentazioni, è la possibilità di automatizzare alcune procedure relative alla fase di progettazione, migliorandone la precisione e riducendo drasticamente i tempi. Nel nostro caso ci siamo concentrati sugli interventi sulle murature ma esistono casi simili che riguardano la mappatura del degrado.
Sicuramente oggi esistono dei limiti nei programmi di authoring e nel formato di interscambio che sicuramente non agevolano l’adozione del BIM sugli edifici storici, ma la ricerca e le sperimentazioni che vengono portate avanti, sia in campo universitario che privato, sono in una fase di grande fermento e ciò ci fa sperare che le limitazioni attuali possano essere superate nei prossimi anni.

 

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Giornalista professionista della redazione di BIMportale, dopo i primi anni a rincorrere notizie di cronaca e attualità ha deciso di fermarsi per seguire più da vicino il mondo dell’architettura e del design. Collabora con diverse testate di questo settore alla ricerca di progetti e nuove iniziative da raccontare e descrivere con una particolare attenzione alle idee più innovative approfondendo anche tematiche legante al rispetto dell’ambiente e alle fonti rinnovabili.


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