Avv. Chiara Micera: le sfide del Legal BIM

Avvocato civilista con trent’anni di esperienza, Chiara Micera, da diversi anni ha fatto un investimento professionale e formativo studiando gli impatti giuridici del BIM, specializzandosi nella materia, come racconta in questa intervista a BIMportale.

Qual è il suo percorso professionale e come si è avvicinata al mondo del BIM?
Sono la fondatrice dello Studio Legale Micera ed esercito la professione forense da trenta anni, praticando la difesa giudiziaria in diversi ambiti quali il diritto civile, il diritto industriale e della proprietà intellettuale, il diritto immobiliare, acquisendo grande esperienza sulle dinamiche del processo.
Sin dalla metà degli anni Novanta, ho coltivato un personale interesse per il mondo del digitale e dell’informatica giuridica, occupandomi di temi al tempo particolarmente innovativi, partecipando a convegni e scrivendo su riviste specializzate.  Già nel 2001 ho firmato il capitolo “Documento elettronico e firma digitale” del volume “Internet – Nuovi problemi e questioni controverse”, edito da Giuffré Editore, oltre ad altre diverse pubblicazioni sul diritto di internet.
Questa formazione mi ha portato a seguire l’evoluzione delle tecnologie, parallelamente allo svolgimento del lavoro civilistico tradizionale: nell’ultimo decennio, i due filoni si sono intrecciati. Per un mio personale interesse per le arti, in particolare per l’architettura e il design, nel tempo, per tutta la mia carriera, ho sviluppato relazioni personali prima e professionali poi, assistendo numerosi studi di architettura ed ingegneria, seguendo lo sviluppo tecnologico. Ad esempio mi sono occupata della disciplina legale della realizzazione di una casa stampata 3D, e così anni fa mi sono imbattuta nel primo caso in cui era applicata la metodologia BIM. Il mio background pregresso mi ha fatto capire quanto sarebbe stata rivoluzionaria la diffusione del BIM, ho intesto le opportunità legate a questo cambio di paradigma, ma ho anche compreso le difficoltà e le sfide “legali” a essa correlate.
Con un visione anticipatoria e predittiva della potenziale criticità, e del conseguente contenzioso, ho quindi deciso di investire dal punto di vista formativo su me stessa e sulle competenze interne al mio studio, che ha potuto così offrire consulenza e assistenza a tutti i componenti della filiera BIM: committenti, società di progettazione e anche società che svolgono servizi tecnici come validazioni, certificazioni rese in ambito BIM. Presto consulenza per la redazione di contratti, di capitolati di gestione informativa o offerte di gestione informativa per la partecipazione a gare d’appalto pubblico e privato, e ho un accredito presso gli operatori e le associazioni di settore, nonché Ordini Professionali, quale docente di corsi di formazione e di Coordinatore Scientifico.

Qual è stata la sua esperienza in questi primi anni di reale diffusione del BIM in Italia?
La definirei “creativa”, poiché di volta in volta, ragionando con i miei assistiti, facendo delle riflessioni, studiando i profili tecnici e guardando alle esperienze straniere, ove il contesto dottrinale e giurisprudenziale è più maturo, ho trovato soluzioni e redatto contratti atipici, poiché non c’erano standard consolidati. Ho agito in maniera empirica, risolvendo i problemi con customizzazione di modelli contrattuali già esistenti, e integrando così la metodologia BIM, in una cornice di istituti tradizionali.
Mi ha aiutato l’esperienza sul campo: accompagnando i miei assistiti non solo nella stesura del contratto, ma anche nella fase di esecuzione del progetto, ho visto emergere problematiche che sono state sempre risolte in sede negoziale. In questi anni, ho riscontrato una consapevolezza diffusa da parte degli attori della filiera BIM di essere “pionieri”, e che per questo fosse necessario procedere  con uno sguardo conservativo del programma contrattuale, seguendo la logica del raggiungimento di un obiettivo condiviso.

Quali difficoltà e casistiche di contenzioso risultano essere più comuni?
Poiché la progettazione digitale avviene all’interno di una piattaforma informatica, denominata “Ambiente di condivisione dati”, ove i vari soggetti partecipanti trasferiscono dati, il più importante profilo da disciplinare è la proprietà e la protezione del dato stesso. Il primo aspetto ha forte rilievo rispetto agli aspetti patrimoniali e al diritto d’autore, il secondo ai profili di cybersecurity e della privacy . Ma, a seguire, anche i ruoli e le responsabilità dei singoli soggetti, tanto per citarne alcuni.
Per consentire lo sviluppo della metodologia, bisognerebbe che ci fosse una maggiore consapevolezza dei rischi, anche se ciò potrebbe essere un deterrente per la diffusione e lo sviluppo della transizione digitale in generale, anche perché alcuni di essi sono “macro-temi”, si pensi ad esempio agli attacchi informatici.
In buona sostanza, sarebbe opportuno mettere in campo una politica di risk management, in cui il profilo legal è essenziale, in quanto trattandosi di materie disponibili dalle parti, possono essere ben disciplinate con la contrattualistica atta a prevenire il contenzioso, unitamente alla iterazione di altre competenze.
Un altro grande tema è quello delle coperture assicurative: le compagnie di assicurazione ragionano su termini statistici e sulla casistica dei sinistri; in ambito BIM i numeri sono ancora limitati vista, per il momento, la limitata diffusione della metodologia, quindi le coperture assicurative “calzanti” arriveranno quando la giurisprudenza nel settore sarà più matura. Ad oggi, anche in questo caso, mi sono dovuta adoperare per individuare delle soluzioni customizzate di volta in volta, pratica però percorribile solo per i grandi player.
Nella mia esperienza ho riscontrato altresì anche difficoltà legate alla committenza, a volte non matura dal punto di vista digitale: colui che richiede una prestazione deve sapere cosa sta chiedendo, sia per richiedere poi l’esatto adempimento dell’obbligazione, sia per definire ruoli e competenze di fornitori e consulenti tecnici. L’attenzione va posta sul capitolato di gestione informativa, è lì che si perimetra il contenuto del contratto.

Quali sono a oggi i limiti della diffusione al BIM, secondo la sua percezione?
In primo luogo l’onerosità: fare innovazione prevede un investimento di risorse. In secondo luogo, c’è la resistenza culturale, anche se ritengo che prevalga l’ostacolo del profilo economico, anche perché l’obbligatorietà graduale del BIM negli appalti pubblici ha creato una sensibilità diffusa sul mercato.
Ma la prima emergenza è la formazione, a livello pubblico e privato: dovrebbe essere la priorità di tutti i soggetti della filiera, dal committente al cantiere, fino al gestore del bene. Solo così la diffusione della metodologia porterà a un ridimensionamento di costi e rischi, e consentirà al BIM di essere il volano per la transizione digitale, un vettore per la modernizzazione dei processi della Pubblica Amministrazione, realizzando gli intenti del Legislatore Europeo prima ed Italiano poi, anche per l’efficace raggiungimento degli obiettivi del PNRR. Il tutto in una logica, ma soprattutto in un metodo, di Data Legal Management.

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Giornalista professionista della redazione di BIMportale, lavora da molti anni nell’editoria B2B per la stampa tecnica e specializzata. Ha scritto a lungo di tecnologia, business e innovazione. Oggi orienta la sua professione nel campo delle tecnologie applicate alla progettazione architettonica e all’imprenditoria delle costruzioni.


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