Per lungo tempo, risolvere il problema dell’accessibilità ai musei per persone con disabilità è stato sinonimo di abbattimento delle barriere architettoniche. La disabilità visiva, al contrario di quella motoria, è stata infatti a lungo considerata una barriera naturale invalicabile quando associata all’arte. In effetti, viviamo in una società in cui una persona in situazione di disabilità – motoria o sensoriale – si trova ancora ad affrontare innumerevoli difficoltà nel quotidiano e il conseguimento di un’autonomia completa è un traguardo ben lontano dall’essere raggiunto. Per di più, l’accessibilità museale, intesa come superamento delle barriere architettoniche, non è stata ovunque pienamente realizzata; è lecito, dunque, chiedersi se la necessità di rimuovere le barriere sensoriali per poter accedere al sentimento estetico scaturito dall’interazione – in forma diretta o indiretta – con un manufatto artistico sia un obiettivo di importanza primaria per un cieco. Eppure, i numerosi studi già presenti sul tema e l’interesse crescente verso lo stesso dimostrano che si tratta di un interrogativo legittimo e più che mai attuale. Per di più, entrare in relazione con il valore estetico di un’immagine artistica allena la facoltà interpretativa innescata dall’incontro tra dati sensoriali ed elaborazione intellettuale delle forme e dei loro significati; tale pratica permette di condividere codici – linguistici, tecnici e semantici – che arricchiscono la comunicazione e la condivisione tra persone vedenti e non vedenti. La principale difficoltà nel ripensare il rapporto tra il non vedente e l’opera d’arte visiva è racchiusa nella regola numero uno del costume del museo: guardare ma non toccare. Specialmente per ciò che concerne la pittura, i cui prodotti sono esclusivamente bidimensionali, una fruizione tattile delle opere originali resta, giustamente, un tabù e la mera descrizione verbale come misura compensativa troppo spesso si rivela insufficiente; così, il problema dell’accessibilità per questo genere di opere risulta terribilmente complesso, e gli ostacoli che esso pone appaiono a tratti insormontabili.
Negli ultimi anni, però, le sfere della conoscenza, della rappresentazione e della comunicazione dei beni culturali hanno assistito ad un progressivo incremento nell’utilizzo delle nuove tecnologie dell’ICT (Information and Communications Technology). L’acronimo ICT indica l’insieme delle diverse tecnologie (hardware, software, rete) che consentono la gestione delle informazioni codificate in forma digitale e l’insieme di servizi a valore aggiunto che creano i presupposti per un effettivo valore d’uso per gli utenti”. Virtual Reality, Virtual Archaeology4, Augmented Reality, Video Mapping, Laser Scanning, H-BIM, rilievo con l’ausilio di droni, ricostruzioni 3D, interfacce evolute per l’interazione, ecc., sono la nuova frontiera della ricerca5 ed il settore ha raggiunto una maturità tale da mostrarci continuamente nuove, sempre più fluide, creative ed innovative applicazioni rivolte ad un vasto numero di utenti con esigenze e aspettative diverse.