SIFET: HBIM e droni per la geomatica e la cartografia

SIFET è un acronimo che identifica la Società Italiana di Fotogrammetria e Topografia: è un’associazione culturale senza fini di lucro fondata a Roma nel 1951. Abbiamo intervistato Andrea Lingua, Presidente SIFET dal 1 gennaio 2019 e professore del Politecnico di Torino, che ci ha raccontato come questo settore stia affrontando la trasformazione digitale e come abbia implementato la metodologia BIM, o meglio, HBIM.

Presidente, può tracciare un breve profilo di SIFET?
SIFET opera da quasi 70 anni (che festeggeremo nel 2021) e a oggi conta poco più di 300 soci in tutta Italia. I nostri soci sono figure molto eterogenee e di diversa estrazione professionale. Alcuni provengono dall’ambito universitario, altri dalle professioni: geometri, ingegneri, architetti e geologi. Ci sono poi personalità legate al ruolo istituzionale dell’associazione, come il personale degli organi cartografici dello Stato (Istituto Geografico Militare, Agenzia delle Entrate – Catasto, Istituto Idrografico della Marina, Centro Informazioni Geotopografiche Aeronautiche). Inoltre sono presenti rappresentanti degli ordini professionali (Geometri, Ingegneri e Architetti) e delle aziende della geomatica. Gli scopi della SIFET sono di incrementare la cultura degli associati sugli ambiti della geomatica, valorizzare le collaborazioni su questi temi anche a livello internazionale, studiare la geomatica a diversi livelli, promuovere e incentivare studi sia scientifici sia di scienza applicata.

Come è strutturata SIFET?
La nostra struttura ha al vertice un Consiglio Direttivo, costituito da una rappresentanza di soci eletti, dagli organi cartografici dello Stato e dai Presidenti degli Ordini professionali nazionali dei geometri, degli ingegneri e degli architetti. Il Consiglio Direttivo prende la maggior parte delle decisioni e propone attività e iniziative finalizzate a far crescere il mondo SIFET. C’è poi un Comitato Scientifico che segue invece gli aspetti più legati ai contenuti scientifico applicativi, gestisce il nostro “bollettino” bimestrale, organizza il Convegno Nazionale annuale che è l’appuntamento più importante della nostra associazione, insieme ai workshop tematici che organizziamo in tutta Italia.
SIFET fa anche parte di ASITA (Associazioni Scientifiche per le Informazioni Territoriali e Ambientali), realtà che racchiude altre tre associazioni scientifiche del campo: AIT (Associazione Italiana di Telerilevamento), AIC (Associazione Italiana di Cartografia) e AM-FM (Automated Mapping/Facilities Management). Anche ASITA organizza un importante convegno con frequenza biennale.

La trasformazione digitale come sta cambiando il vostro settore di riferimento?
In SIFET ci occupiamo di cartografia numerica da circa quarant’anni! Tradurre le mappe dalla carta ai formati digitali non è una novità, e se ne occupa proprio una branca delle nostre scienze chiamata Cartografia Numerica (in inglese Digital Mapping). Da anni tutte le restituzioni dei rilievi del territorio e dell’architettura sono impostate in forma digitale; in passato erano eseguite con tecnica CAD, di cartografia automatica, poi sono state impostate su una struttura di dati più raffinata, sotto forma di database per includere sia la parte geometrica che le informazioni descrittive associate con i vari oggetti posti sul territorio, entrando così a far parte dei Sistemi Informativi Territoriali o GIS (Geographic Information Systems). Il GIS può essere considerato una metodologia parallela al BIM. Il primo guarda al territorio, il secondo agli oggetti architettonici in una scala di dettaglio molto maggiore; utilizzano strumenti diversi ma con idee e tecnologie molto simili.

In tema di digitalizzazione, come avete approcciato il tema BIM e come lo avete implementato nella vostra realtà?
Lo scopo della geomatica è quello di ottenere una rappresentazione completa, accurata, multiscala di qualcosa che già esiste, quindi il nostro focus è sull’HBIM (Historical BIM o Heritage BIM). Le nostre applicazioni riguardano la manutenzione dei beni storici, la rappresentazione degli stati di degrado, la storia degli interventi del tempo.
Negli ultimi anni abbiamo promosso dei corsi di formazione – gratuiti e che erogavano anche i crediti di formazione per gli ordini professionali – sui temi del BIM e dell’HBIM. Negli ultimi anni, stiamo approfondendo il tema emergente legato all’integrazione tra BIM e GIS tridimensionale mediante tecniche di interoperabilità multi-scala.
Tutto il nostro settore sta gradualmente avvicinandosi al BIM. Ci sono attualmente importanti aziende di software che stanno sviluppando soluzioni che consentiranno di integrare agevolmente i dati di cartografia e geomatica nei modelli BIM, inserendo il tema del rilievo metrico nell’intero processo di generale di transizione verso il BIM. Sul mercato degli strumenti software stanno arrivando preziosi strumenti per il nostro lavoro, tra cui per esempio i software Reality Capture for BIM di Leica Geosystems e Trimble Field Link di Trimble.

A livello di tecnologie, oltre ai software bisogna citare i droni. Che ruolo hanno nel vostro lavoro?
I droni ci hanno un po’ trasformato. Ci permettono di misurare elementi a cui prima non riuscivamo ad arrivare, ma non solo. Un rilievo non scaturisce solo dai dati ottenuti dai droni, non solo dal laser scanner, non solo dal GNSS: oggi un’attività di rilievo che produca dati numerici completi e raffinati sfrutta tutte queste tecniche in modo integrato. I droni in questo contesto hanno sicuramente un ruolo importante.

Possiamo citare qualche vostro progetto in cui è stata utilizzata la metodologia BIM?
Abbiamo realizzato un benchmark sull’HBIM (nel 2018) a partire da nuvole di punti acquisite sulla Fornace Penna di Scicli, in Sicilia in provincia di Ragusa. Alcuni nostri soci a livello volontario hanno contribuito, ognuno coi propri strumenti e con le proprie competenze. A partire dalle nuvole di punti i professionisti hanno scelto il software authoring di loro preferenza (Allplan, Archicad, Revit) e hanno realizzato il modello HBIM della Fornace Penna. Ogni partecipante ci ha restituito il suo modello, che un apposito gruppo di lavoro di SIFET (Cristina Castagnetti, Francesca Matrone, Andrea Scianna, Domenico Visintini) ha utilizzato per effettuare analisi di interoperabilità e per verificare quali strategie di modellazione risultavano più vicine all’architettura reale esistente.
Insieme al Politecnico di Torino e ad altre università italiane (IUAV, Università di Padova, Politecnico di Milano), abbiamo collaborato a numerosi altri progetti tra cui citiamo: ResCult, per mettere in collegamento le banche dati BIM e GIS e creare un database interoperabile integrato europeo per il patrimonio storico-artistico; la ricostruzione HBIM di edifici danneggiati dal sisma in Abruzzo e per il riposizionamento di affreschi, in contatto con la Sovrintendenza ai beni architettonici dell’Umbria; applicazione HBIM ai Sacri Monti in Lombardia e in Piemonte. I Sacri Monti sono patrimonio dell’Unesco dal 2003 e presentano edifici storici costruiti nel Quattrocento e nel Cinquecento, immersi nel verde. Nel 2015 abbiamo lavorato a Varallo Sesia per costruire un modello HBIM a scala territoriale che facilitasse la manutenzione programmata dell’opera architettonica.

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Giornalista professionista della redazione di BIMportale, lavora da molti anni nell’editoria B2B per la stampa tecnica e specializzata. Ha scritto a lungo di tecnologia, business e innovazione. Oggi orienta la sua professione nel campo delle tecnologie applicate alla progettazione architettonica e all’imprenditoria delle costruzioni.


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