Andrea Versolato e Cristian Barutta: Il quadro normativo sul BIM è ancora incompleto

Per parlare di Legal BIM abbiamo intervistato due esperti molto attivi sul tema, l’Avvocato Andrea Versolato e l’Avvocato Cristian Barutta. Incontrandoli nella loro nuova sede, il messaggio che emerge dall’intervista ai due professionisti è netto: “Il quadro normativo sul BIM è ancora incompleto”.

L’avvocato Andrea Versolato dal 2013 si occupa di approfondire il mondo del BIM e le normative che lo regolano, svolgendo attività di consulenza legale per progetti aventi ad oggetto detta metodologia. Specializzato nella materia degli appalti pubblici è docente e formatore su detta tematica e sul Legal BIM presso Master, Pubbliche Amministrazioni, ordini professionali e società private. È autore di manuali e di numerose pubblicazioni sui profili giuridici del BIM.

L’avvocato Cristian Barutta collabora con l’avvocato Andrea Versolato alle problematiche giuridiche collegate all’applicazione del BIM sin dal 2015. Docente anch’egli di numerosi corsi di formazione relativi ad aspetti giuridici del BIM si occupa anche di problematiche connesse all’applicazione della normativa in materia di trattamento dei dati personali e di contenziosi in materia civile e amministrativa.

Avvocati Versolato e Barutta, ormai da anni conducete corsi sul Legal BIM in tutta Italia. Quali sono le figure che partecipano a questi momenti di formazione?
La platea di solito è composta da personale della Pubblica Amministrazione, da professionisti appartenenti agli ordini professionali (architetti e ingegneri, spesso motivati e desiderosi di prepararsi per ottenere la certificazione) e anche da operatori di società di costruzioni e studi di ingegneria. Per quanto riguarda la PA, le figure che incontriamo sono i tecnici, i responsabili di procedimento, il personale degli uffici contratti, i responsabili IT. Notiamo la mancanza dei dirigenti, nonostante siamo convinti che anche loro dovrebbero cercare di comprendere la complessità della materia.
Tra le esperienze più positive che abbiamo avuto recentemente, citiamo il corso di formazione organizzato da ASSOBIM: un pubblico molto competente, con cui si è instaurato un dialogo e un confronto arricchito da riflessioni e casi pratici. Sicuramente dal punto di vista della formazione si ottengono risultati migliori se il pubblico ha già una conoscenza di base della normativa dei contratti pubblici.

Di solito qual è il livello di preparazione in fatto di Legal BIM dei partecipanti ai corsi di formazione?
Le Pubbliche Amministrazioni di solito hanno già una preparazione in fatto di contrattualistica pubblica. In alcuni casi abbiamo riscontrato invece che i professionisti, benché molto competenti sulla  nuova metodologia da un punto di vista tecnico, non prestino la dovuta attenzione alla parte contrattuale, normativa e giuridica. Sul punto riteniamo che un BIM Manager, un BIM Specialist o un BIM Coordinator non possa trascurare la normativa specifica sui contratti pubblici, sulla proprietà intellettuale, sulla contrattualistica in generale legata al BIM.
Durante i nostri corsi, più che fornire mere nozioni, cerchiamo di trasmettere un approccio critico alla materia: non bisogna fermarsi al testo letterale della normativa, in un sistema legislativo complesso come quello italiano bisogna andare oltre, individuare le intenzioni del legislatore e capire come la normativa verrà interpretata dai tribunali.

Cosa emerge da questi corsi? Quali sono le difficoltà principali nella comprensione del quadro regolatorio?
C’è molta confusione, notiamo una sorta di spaesamento tra gli addetti ai lavori, che hanno la percezione di una carenza della normativa. Il quadro regolatorio effettivamente non è completo e non ha carattere organico e c’è quindi un’oggettiva difficoltà, ci sono tanti aspetti che necessiterebbero di ulteriori chiarimenti.
Del resto il DM 560, il cosiddetto “Decreto BIM”, non ha carattere manualistico: fornisce dei principi che poi dovranno essere sviluppati con altri documenti. Tra questi citiamo, ad esempio, l’aggiornamento delle Linee Guida Anac n. 1 sugli affidamenti di architettura e ingegneria: un documento che purtroppo non è stato approvato, se pur ricco di specifiche e chiarimenti.

Il BIM del resto è una materia “nuova” anche nelle Commissioni di gara;  quali sono le principali criticità?
Se la Commissione di gara non è preparata in materia BIM, c’è il rischio che venga scelta un’offerta non adeguata.
Vi è poi il rischio concreto, stante l’abitudine derivante dall’approccio alle gare tradizionali, che l’analisi si concentri solo sui documenti di gara tradizionali, e non anche sul Capitolato informativo, documento nel quale si rammenta sono contenute le disposizioni più rilevanti in ordine alla modellazione ed alla gestione informativa.
In considerazione dell’innovatività della materia e dei sui aspetti peculiari, va evidenziato che pure i giudici, più che in passato, potrebbero avere necessità di un supporto tecnico. Da qui ci si auspica da parte del Giudice Amministrativo un sempre maggiore ricorso al  verificatore nel caso di impugnazioni di gare d’appalto “BIM” ove vengano sindacati gli aspetti tecnici delle offerte: il suo compito non è infatti quello di sindacare l’operato della Commissione, ma di controllare che il capitolato informativo, in caso di contestazione sulla qualità dell’offerta risultata aggiudicataria, sia stato applicato correttamente e che l’attribuzione dei punteggi sia avvenuta in maniera motivata e logica.

Quali sono le carenze più evidenti del quadro legislativo?
Mancano dei fondamentali decreti ministeriali per definire il processo di digitalizzazione degli appalti pubblici, manca un decreto su project management, sui livelli di progettazione e sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza. Non è stata infine ancora istituita la Commissione di monitoraggio prevista dal D.M 560 del 2017, che nell’intenzione del legislatore dovrebbe individuare misure preventive o correttive per il superamento delle criticità emerse in sede di applicazione della nuova disciplina, anche al fine di consentire l’aggiornamento delle disposizioni del medesimo Decreto.
In un siffatto contesto, caratterizzato dall’assenza di un quadro regolatorio organico e completo, le aspettative delle Stazioni appaltanti, che hanno deciso di investire sull’innovazione e su un percorso di digitalizzazione delle prestazioni, rischiano di rimanere prive di efficaci risposte
da parte del legislatore.
Vedremo se con il Regolamento che dovrà essere adottato ai sensi dell’articolo 216, c. 27-octies, del Codice dei Contratti si riuscirà a fare chiarezza su questi aspettied al contempo superare, o in ogni caso contingentare, le contestazioni di illegittimità del D.M. 560 del 2017, formulate dal Consiglio di Stato con il Parere n. 00458/2019, facendo confluire le disposizioni di detto Decreto nel nuovo Regolamento.
Crediamo in conclusione sia necessario intervenire per concludere il percorso che è stato iniziato e per definire meglio il DM 560.

Tra gli elementi “mancanti”, risulta evidente un sistema sanzionatorio per chi non rispetta l’obbligatorietà del BIM negli appalti pubblici. Cosa potrebbe succedere a chi non si adegua?
Oggettivamente, non è prevista una specifica sanzione. Ma l’obbligatorietà c’è già, indipendentemente dalla sanzione.
Se un’opera che avrebbe dovuto essere realizzata in BIM viene eseguita con metodologia tradizionale e, dopo qualche anno, presenta difetti, in sede di perizia potrebbe intervenire la Conte dei Conti. Inoltre, adottare il BIM significa perseguire l’interesse pubblico.
Crediamo che prima di preoccuparsi delle sanzioni sia necessario mettere sotto i riflettori il percorso di qualificazione delle stazioni appaltanti, che è ancora incompleto.

Per quanto riguarda gli aspetti contrattuali: a quali aspetti deve fare attenzione una stazione appaltante e quali sono gli
errori più comuni?
È importante che la stazione appaltante contestualizzi il capitolato informativo sulla sua propria struttura. Non si può utilizzare uno “standard”, modificandone alcune parti: il “copia-incolla” è un errore gravissimo, perché se ci fossero dei problemi sul capitolato informativo tutto il processo che sta a valle rischia di venire compromesso.
Anche il piano di gestione informativa è un documento molto importante, perché segue l’appaltatore durante tutta l’esecuzione del contratto. In questo caso è un documento nuovo e non ci sono standard “da copiare”.
E poi, attenzione, una stazione appaltante non deve limitarsi a redigere un capitolato informativo e poi predisporre il piano di gestione informativa. È necessario condurre un’attività di revisione, di modifica, di controllo, di integrazione, facendo attenzione che non ci siano delle incoerenze. Bisogna verificare che tutti i documenti non si contraddicano tra loro. Ed è necessario stabilire un ordine gerarchico, in modo che, in caso di incoerenza, prevalga il documento più importante. Il sistema verticale nella contrattualistica – non solo in quella legata al BIM – è importante.

Il BIM è condivisione e collaborazione, cosa comporta tutto questo dal punto di vista legale e contrattuale?
Quando più soggetti operano sullo stesso modello, nascono tanti aspetti che vanno normati. Sicurezza del dato, privacy, proprietà intellettuale sono tematiche da valutare con attenzione. È necessario porre in essere soluzioni tecniche (ACDat, ambiente di condivisione dati), soluzioni giuridiche e contrattuali con clausole specifiche per evitare criticità.
Questo si lega al tema delle responsabilità di tutti i soggetti coinvolti e dei profili assicurativi delle figure professionali richieste dalla metodologia BIM: riteniamo che le condizioni generali delle assicurazioni debbano essere riviste e debbano includere clausole specifiche che contemplino il BIM.

Quali sono gli aspetti legali e giuridici da valutare per un ACDat, ambiente di condivisione dati? E in fatto di privacy?
Sono tante le valutazioni da fare. Ad esempio, dal punto di vista legale la titolarità di un ACDat a chi spetta, alla committenza o al fornitore? La norma non prevede nulla in merito. L’ACDat può anche essere esternalizzato ma, in ogni caso, la committenza è responsabile della conservazione e della sicurezza dei dati inseriti. Quindi chi sceglie di esternalizzare il servizio presta il fianco a possibili criticità.
In Italia non abbiamo ancora una casistica, ma è famosa la sentenza della Corte inglese arrivata in seguito a un contenzioso tra una stazione appaltante e il fornitore esterno dell’ACDat. Il fornitore, a causa di un mancato pagamento, aveva chiuso l’accesso all’ambiente di condivisione dati e l’appaltatore, non potendo più accedere alla cartella in cui era stato archiviato tutto il lavoro svolto, rischiava di perdere un anno di progettazione.
L’ACDat infatti serve in fase di progettazione ed esecuzione, ma è anche un archivio. Questo aspetto non è banale, soprattutto se l’ambiente è esternalizzato a un altro operatore che nel corso degli anni potrebbe uscire dal mercato, fallire, sottrarsi ai suoi obblighi e risultare inadempiente.
Inoltre, nel momento in cui adotto un ACDat, dovrò preoccuparmi delle autorizzazioni e degli accessi: non tutti possono accedere a tutto. L’aspetto della privacy, infatti, non va sottovalutato.
Sempre più spesso si utilizzano soluzioni Cloud che si appoggiano su server fisici, che possono essere situati nella sede del soggetto che fruisce del servizio oppure presso la struttura del fornitore, del Cloud provider. Se il provider è in Europa è soggetto alla normativa sulla privacy europea, ma fuori dai confini potrebbe essere soggetto anche a un’altra normativa. Bisogna avere una sensibilità su questo tema quando si individua un fornitore. La committenza deve garantire standard di sicurezza adeguati e ormai per gli ACDat sono disponibili prodotti certificati.

La committenza è sensibile a questi argomenti?
In generale la Committenza Pubblica sta iniziando un percorso formativo sulla nuova metodologia; pur in presenza di investimenti per la formazione e per la strumentazione si riscontra tuttavia un ritardo, probabilmente dovuto alla presenza di Pubbliche Amministrazioni ancora frammentate, sotto dimensionate e con una prevalente cultura analogica.
Da questo punto di vista, committenza privata è sicuramente più reattiva. Personalmente abbiamo avuto un confronto sul tema con gestori aeroportuali che hanno già iniziato un percorso di adozione del BIM e sono dinamici. Anche i privati e le multiutilities iniziano a interessarsi della tematica contrattuale, fondamentale per evitare il contenzioso.

 

 

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Giornalista della redazione di BIMportale, professionista della comunicazione e del marketing per il settore AEC – Architetture Engineering & Construction. Ha lavorato per molti anni nell’editoria B2B dirigendo una delle principali testate specializzate per l’industria delle costruzioni, per la quale è stato autore di numerosi articoli, inchieste e speciali. Durante questa lunga esperienza editoriale ha avuto modo di vivere e monitorare direttamente l’evoluzione del settore e la sua continua trasformazione, lavorando a stretto contatto con i principali protagonisti del mercato: imprese edili, progettisti, committenti, produttori. Su tali premesse nel 2007 ha fondato l’agenzia di comunicazione e marketing Sillabario, che si occupa delle attività di comunicazione e ufficio stampa di importanti marchi industriali del settore delle costruzioni.


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