BIM ovvero una nuova filosofia digitale per l’edilizia

Riprendiamo l’articolo di Andrea Carovigno (Comunicazione ANTEL – Associazione Nazionale Tecnici Enti Locali), Massimo Druetto (Segretario Generale ANTEL), Pietro Farinati (Delegato Commissione BIM ANTEL) – www.antelitalia.com

La tecnologia ha fatto, negli ultimi anni, enormi passi avanti e ne siamo tutti coscienti sia a livello privato che a livello pubblico. Sempre di più l’utilizzo di strumenti tecnologici facilita la nostra vita facendoci risparmiare tempo ma soprattutto denaro con l’ottimizzazione dei processi e con la conservazione dei dati a sistema e questo è diventato ormai un fatto assodato. Il settore dell’edilizia sta vivendo un profondo cambiamento a seguito dell’avvento del BIM, una nuova metodologia che ha reso la progettazione, ma soprattutto la condivisione e la gestione dei dati, un’esperienza unica per semplicità d’utilizzo ma anche per una serie di altri motivi che, all’interno di questo articolo, proveremo ad analizzare. Cominciamo intanto col cercare di comprendere meglio il BIM.

Il BIM in pochi, semplici, concetti tecnici
Il BIM può essere definito in molti modi, in base all’uso che ne dobbiamo fare. Può essere definito come “il protocollo” che nel settore dell’AEC (Architectural, Engineering and Construction che indica, in ambito internazionale, il settore delle costruzioni) non abbiamo mai avuto e che in tutti gli altri settori esiste da tempo (medicina e chirurgia, industria meccanica, ecc.). La sua applicazione ci garantisce che l’opera che andremo a costruire sia mediamente di ottimo livello considerando le condizioni al contorno date. (fig. 1)
In che modo possiamo ottenere questi risultati? Tramite la modellazione delle informazioni, ossia la digitalizzazione delle stesse, attraverso un database collegato al nostro progetto tridimensionale “parametrico”, che possiamo considerare il digital twin dell’opera fisica. Il “modello” gemello digitale, contiene il database informativo consultabile, di tutte le informazioni riguardanti l’opera nel suo “life cycle building”, dalla fase di design alla sua demolizione.
Utilità e potenzialità: se in un grafico posizioniamo tutti i settori produttivi in relazione al loro grado di digitalizzazione, notiamo che il settore delle costruzioni risulta al penultimo posto prima del settore del petrolio e del gas. Inoltre esiste un gap riguardante la produttività se raffrontata con quella degli altri settori produttivi, che aumenta al passare del tempo. Il BIM costituisce l’opportunità per la digitalizzazione del comparto delle costruzioni, in particolare del Settore delle Opere Pubbliche. (fig. 2)
La mancanza di digitalizzazione nel settore delle opere pubbliche comporta incertezza nella realizzazione delle stesse e allungamento dei tempi che possono arrivare anche a decenni. Ciò comporta che le risorse disponibili vengano utilizzate soprattutto per le manutenzioni e non per nuove opere pubbliche, che sappiamo essere il volano dell’economia. (fig. 3)
Un modello BIM può contenere qualsiasi informazione riguardante l’edificio o l’infrastruttura e le sue parti, è quindi la rappresentazione mediante un modello di dati diversi, relazionati alle diverse discipline che lo definiscono. Tutto questo per aumentare la produttività e l’efficienza, ridurre i costi nelle fasi di progettazione e di costruzione e al fine di agevolare la gestione e la manutenzione dopo la costruzione. La gestione del BIM riduce la perdita di informazioni associate ai passaggi del progetto dal team di progettazione al team di costruzione o al proprietario, consentendo così a ogni attore del processo costruttivo di aggiungere e modificare, e di avere sempre i riferimenti di tutte le informazioni che vengono usate o create nel modello.
Per il nostro Paese, se applicato in modo corretto e congruente, il BIM può divenire non solo l’occasione di rilancio del settore delle costruzioni, ma anche una soluzione anti deficit in grado di permettere una radicale riduzione del debito pubblico. I risparmi ottenibili sulle opere e infrastrutture, quando il BIM è applicato da tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione di un intervento, può arrivare fino al 20%. Infatti, riduce gli sprechi, elimina gli errori progettuali nella fase di cantiere, e riduce limita drasticamente le costose varianti in corso d’opera. Inoltre, offre la certezza di controllo dei tempi e dei costi mantenendo costantemente aperta l’accessibilità dei dati a tutti gli operatori. (fig. 4)
Il controllo del progetto è poi una delle più potenti utilizzazioni del BIM, perché permette di scoprire e risolvere problemi in fase di progettazione anziché durante la costruzione. Grazie agli strumenti di controllo del modello è possibile approvare l’edificio con un software di validazione basato su regole che sono state definite in conformità con i requisiti BIM. Questo approccio è utile alle stazioni appaltanti, che possono controllare se i requisiti nella progettazione sono stati rispettati, prima di indire la gara d’appalto.

Quali i vantaggi del BIM a regime nelle Pubbliche Amministrazioni?

– Riduzione delle aree di opacità nelle aggiudicazioni

– Selezione dei concorrenti con buona capacità tecnico-costruttiva

– Acquisizione di offerte economiche più accurate e affidabili

– Riduzione delle varianti e dei contenziosi

– Riduzione del gap fra prezzo di aggiudicazione e prezzo finale dell’opera

– Razionalizzazione della spesa e riduzione dei costi

– Riduzione del tempo di realizzazione dell’opera per buona gestione del processo costruttivo

– Effetto collaterale (positivo): anticorruzione

Non è inoltre da sottovalutare l’importante ricaduta sul sistema in generale che si potrà ottenere a seguito dell’introduzione di nuove figure professionali che si verranno a creare grazie allo sviluppo di questa metodologia.
Il futuro dell’architettura e delle costruzioni è digitale ed il BIM è il futuro nella progettazione e nel facility management a lungo termine. È un processo trainato dalla tecnologia e guidato da politiche governative che sta portando un cambiamento in tutti i settori. Ma c’è ancora molta confusione su cosa esattamente sia e come debba essere utilizzato e concretizzato, in un settore tipicamente lento ad adottare cambiamenti come quello pubblico. Negli ultimi anni assistiamo felicemente alla digitalizzazione della P.A. La tendenza è quella di ridurre i fascicoli cartacei e far svolgere l’attività del personale utilizzando scrivanie digitali, dalle quali accedere ai fascicoli informatici ed utilizzo della PEC. Anche in cantiere l’attività è più efficiente con l’uso di laptop e smartphone. Tutta la documentazione dell’appalto sempre accessibile e a portata di mano, con possibilità di scrivere verbali, firmarli digitalmente e inviarli via PEC in tempo reale. Dallo smartphone si può ora inviare e stampare direttamente alla stampante o al plotter dell’ufficio. Con service esterni si possono utilizzare scanner laser o droni per i rilievi e stampare in 3D.
Una cosa importante manca purtroppo: il processo di modellazione digitale delle opere pubbliche, che potrebbe comportare risparmi oltre il 20%. L’ulteriore passo è quindi la realizzazione di opere pubbliche in BIM.
Il BIM è quindi da considerarsi una risorsa per le nuove realizzazioni ma anche per la manutenzione dell’esistente, è un facilitatore strategico del miglioramento del processo decisionale in relazione tanto agli edifici quanto alle infrastrutture. Il documento Ue BIM Handbook raggruppa linee guida che i legislatori e le pubbliche amministrazioni dovranno considerare a seguito dell’introduzione del BIM per la progettazione e realizzazione delle opere pubbliche. (fig. 5)
La digitalizzazione della “parte amministrativa” nella p.a. è già avvenuta con il d.lgs. 82/2005.
Il codice dei contratti il d.lgs. 50/2016 ci dice che dobbiamo procedere alla digitalizzazione delle opere pubbliche ed il d.m. 560/2017 impone delle scadenze; ritroviamo l’anno 2025 come termine finale dell’implementazione che era il termine che si era dato il governo inglese nel suo programma di rivitalizzazione del settore delle costruzioni. Fino al 2021 si appalteranno in BIM solamente le opere complesse, successivamente si dovranno appaltare in BIM anche le opere ordinarie. Dovremo pertanto dotarci di una piattaforma contenente l’ACDat e di figure professionali adeguatamente formate. (fig. 6)
Possiamo dire che il lockdown ha costretto la P.A. ad una prima digitalizzazione dei propri processi BIM.
I tecnici della pubblica amministrazione sono stati investiti da un apparente stallo che sta modificando in modo sostanziale le abitudini. Per poter proseguire nelle attività della nostra professione abbiamo dovuto iniziare ad utilizzare in modo intensivo e predominante gli strumenti di connessione e condivisione che fino ad ora venivano usati parzialmente ed in maniera differente. Le nostre conferenze dei servizi si sono svolte in modalità asincrona, anche dalla propria abitazione utilizzando le possibilità offerte dallo smartworking condividendo informazioni e idee attraverso la rete. L’emergenza sanitaria è diventata quindi uno stimolo per accelerare nel nostro settore un cambiamento introdotto dalla cosiddetta IV° Rivoluzione Industriale, iniziata qualche anno fa. In questa panoramica il BIM diventa uno strumento fondamentale e abilitante, se ben utilizzato, per la digitalizzazione dell’intera filiera del settore delle costruzioni, dell’AEC. Abbiamo capito che è importante avere idee più chiare in merito all’applicazione di questo metodo che pone le sue basi sulla condivisione collaborativa e sulla pianificazione strategica degli obiettivi e l’utilizzo di formati open per l’interscambio delle informazioni. E’ altresì importante chiarire l’importanza e l’opportunità che questa metodologia fornisce in ottica di innovazione, efficientamento e qualità. Questo approccio sposta quindi maggiormente gli sforzi delle diverse professionalità coinvolte nella fase iniziale dell’avvio della progettazione: è necessario partire già dalla fase di concept a predisporre il patrimonio informativo utile alla P.A. nella gestione in fase di esercizio di quanto consegnato al termine dei lavori; attualmente invece, gli sforzi maggiori sono incentrati verso la parte esecutiva. Il tutto si innesta in un panorama normativo in evoluzione che talvolta risulta non allineato con quanto richiesto dai metodi di gestione digitale dell’intera filiera delle costruzioni.
Quali sono le problematiche che si incontrano? Il passaggio al digitale all’interno della P.A. trova ostacoli dovuti alla scarsa formazione digitale della stessa, alla età media dei dipendenti pubblici che si aggira sui 55 anni ed alle regole tecniche che si evolvono più lentamente dei contenuti innovativi che regolano. Per inciso va sottolineato che data l’elevata età media dei dipendenti, alcuni prospettano che essendo oltre 5.000 i comuni in Italia, si renderanno disponibili circa 250.000 posti di lavoro all’interno della P.A. Probabilmente sarà questo il momento nel quale avverrà la digitalizzazione del settore lavori pubblici, l’implementazione del BIM si sentirà come una necessità e potrà avvenire grazie anche alla formazione digitale dei giovani ingegneri e architetti. Segnalo la necessità di arrivare a schemi di contratto tipo che le amministrazioni pubbliche possano adottare, che tengano conto della logica collaborativa del BIM, e che abbandonino le attuali logiche che vedono contrapposte le pubbliche amministrazioni alle ditte costruttrici, situazione che hanno generato migliaia di contenziosi, arbitrati, accordi bonari, e che hanno visto nell’80% dei casi le amministrazioni soccombenti. Probabilmente inserendo alla fine di qualche decreto un articolo riguardante le sanzioni per i dirigenti inadempienti nell’implementazione del BIM, otterremo maggiori risultati, come ha dimostrato la vicenda del d.lgs. 82/2005.
Quali le possibili soluzioni anche legislative? In merito alla normativa tecnica italiana, voglio segnalare che l’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo nel quale si costruisce tramite legge dello Stato. Le Norme Tecniche per le Costruzioni costituiscono normativa cogente, che se non rispettata genera procedimenti penali. Nel resto del mondo non è così; si costruisce sulla base di normative volontarie (ISO, CEN, DIN…) che diventano cogenti nel momento nel quale le si inseriscono in contratto e valgono solo per quel contratto e quel lavoro. Altro svantaggio nell’avere norme cogenti è la loro lentezza nell’adeguarsi alle nuove tecnologie. Ad esempio, se io volessi oggi progettare una passerella ciclopedonale in alluminio non lo potrei fare perché l’alluminio non è considerato un materiale da costruzione, come invece accade in Germania ed Olanda. Forse la strada da seguire è quella di emanare leggi quadro che demandino poi alla normativa volontaria per gli aspetti tecnici esecutivi.
Ricadute economiche sociali ambientali: la Direttiva Europea ha in sostanza recepito la strategia del governo inglese per superare la crisi del comparto delle costruzioni, dandosi questi obiettivi per il 2025: riduzione dei costi del 33%, riduzione dei temi per la realizzazione delle opere del 50%. Riduzione delle emissioni di co2 del 50% e incremento delle esportazioni del 50%. (fig. 7)
In particolare quest’ultimo dato ci deve far pensare, perché siamo di fronte ad una politica di esportazione aggressiva che dovremo subire se ritarderemo la digitalizzazione.

Il BIM e il LegalBIM
Gli Accordi Collaborativi di matrice anglosassone, potrebbero essere un elemento cruciale per una regolamentazione strategica nel settore delle costruzioni, come riportato nel titolo del contributo dato sull’argomento dai proff. Di Giuda e Valaguzza. (fig. 8)
Con l’Accordo Collaborativo non si vuole costringere l’impresa a rinunciare a riserve e varianti, ma si intende piuttosto creare una modalità che renda più conveniente per le imprese non iscrivere riserve o richiedere varianti, per motivazioni reputazionali, economiche o altro. È essenziale che l’Autorità di regolazione del mercato incoraggi gli operatori economici a collaborare, consentendo anche alle Amministrazioni di premiare la collaborazione. (fig. 9)

Il BIM e le sue prospettive
Quale scenario per il BIM nel 2021? Possiamo sperare che la situazione imposta dal Covid-19, unita ai vari progetti di recovery plan, riesca a portare il paese ad una piena maturità digitale?
Il Paese ha davanti a sé una grande opportunità offerta dai 209 miliardi di euro del Recovery Fund dell’Unione Europea, stanziati per aiutarci a ridurre i danni economici della pandemia di Covid-19. Allo stesso tempo questa è l’occasione decisiva per rendere meno vulnerabili le nostre strutture produttive, formative e di servizi rispetto a una competizione internazionale tuttora affrontata da noi con ancora troppi strumenti, procedure e infrastrutture obsolete, inadatte al 2020, anche se non è ancora stato stabilito quanto verrà stanziato per il Ministero dell’innovazione tecnologica e la digitalizzazione. (fig. 10)
La cosa importante da sottolineare è che finalmente il tema del digitale, della tecnologia dell’innovazione come strumento di semplificazione e di competitività della nostra nazione è diventato una consapevolezza diffusa.
Speriamo che gli stanziamenti previsti possano essere erogati non “a pioggia”, o per tipologia di Ente, ma su progetti ben definiti, progetti che seguono una strategia comune, che portano ad un miglioramento della competizione del nostro paese, ad un miglioramento dei servizi che la pubblica amministrazione eroga ai suoi cittadini e dei servizi dati alle imprese. Quindi abbiamo necessità di dare attuazione a progetti digitali vincenti all’interno di una strategia unica di digitalizzazione del paese, che abbiano una visione nazionale, ma anche internazionale.
Un esempio di progetto che posso evidenziare, lavorando sul BIM, a respiro europeo è quello di DigiPLACE, che ci fa capire cosa sta facendo l’UE per la transizione digitale nel settore delle costruzioni con 300 milioni di euro! L’importo di cui sopra dal bilancio H2020 viene investito per finanziare una prima ondata di iniziative pilota delle piattaforme digitali industriali europee per i settori dell’industria, dell’agricoltura, della sanità, dell’energia, a cui è stata aggiunta l’industria delle costruzioni.
Potremmo definire DigiPLACE, la strada verso la Piattaforma Digitale Europea delle Costruzioni.

I cinque gruppi di lavoro di DigiPLACE hanno come argomentazioni:

  1. linguaggio comune, interoperabilità, standard;
  2. regole e regolamenti, servizi pubblici;
  3. condivisione di dati e conoscenze;
  4. prestazioni ambientali;
  5. business, market and collaboration

Tutte questioni non disconnesse, ma punti di vista piuttosto diversi per affrontare tutte le questioni, con prevista sovrapposizione. Si parte dalla raccolta di contributi su casi d’uso, che funge da base di partenza per il gruppo. (fig. 11)
È chiaro che dobbiamo mirare all’indipendenza tecnologica nei confronti dell’estero, a preservare la nostra sovranità digitale, ma dobbiamo muoverci in un’ottica europea rispettando un quadro di regole che ci permetta di preservare la privacy di tutti i nostri dati e ci protegga dal rischio di intrusioni esterne. L’Europa e noi al suo interno siamo in ritardo nello sviluppo di cloud che reggano la competizione con quelli extraeuropei. E non possiamo continuare ad avere questo divario se vogliamo digitalizzare i nostri Paesi con strumenti all’avanguardia.
Proprio per tutelare l’autonomia tecnologica del Paese si sta lavorando sul progetto Gaia-x  per lo sviluppo di un’infrastruttura cloud nazionale ad alta affidabilità per il consolidamento dei centri di elaborazione delle informazioni. L’iniziativa è di aziende private, ma gli Stati è opportuno che ne sostengano l’evoluzione.

Conclusioni
Per creare innovazione è necessario pensare in modo innovativo.
La norma anticipa l’innovazione e costringe tutte le figure che operano nell’ambito dell’edilizia ad un processo rapido per adeguarsi agli standard europei nella progettazione e gestione delle opere pubbliche e private attraverso uno strumento digitale condiviso e unico nel suo genere. Si apriranno sicuramente altri interessanti scenari e ci saranno nuove domande che dovremmo porci:

  • Il sistema sarà in grado di far accettare a tutti i livelli il BIM, evitando inutili perdite di tempo?
  • Nelle opere pubbliche comunitarie saremo in grado di condividere a livello internazionale questa metodologia?
  • Riuscirà la P.A. a dotarsi, in tempo utile, degli strumenti tecnologici necessari per approcciare e gestire questo profondo cambiamento?
  • Le nuove figure professionali verranno formate in modo adeguato e soprattutto verrà creato un elenco degli enti di certificazione delle competenze in questo settore?
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Giornalista della redazione di BIMportale, professionista della comunicazione e del marketing per il settore AEC – Architetture Engineering & Construction. Ha lavorato per molti anni nell’editoria B2B dirigendo una delle principali testate specializzate per l’industria delle costruzioni, per la quale è stato autore di numerosi articoli, inchieste e speciali. Durante questa lunga esperienza editoriale ha avuto modo di vivere e monitorare direttamente l’evoluzione del settore e la sua continua trasformazione, lavorando a stretto contatto con i principali protagonisti del mercato: imprese edili, progettisti, committenti, produttori. Su tali premesse nel 2007 ha fondato l’agenzia di comunicazione e marketing Sillabario, che si occupa delle attività di comunicazione e ufficio stampa di importanti marchi industriali del settore delle costruzioni.


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