La digitalizzazione (BIM) nel settore delle opere pubbliche e la possibilità di revisionare i modelli contrattuali esistenti

Quest’anno è iniziato il percorso per l’introduzione obbligatoria nel nostro paese della digitalizzazione nel settore delle opere pubbliche.

Come è noto agli addetti ai lavori a far data dal 1° gennaio 2019 è scattato l’obbligo della richiesta dell’uso dei metodi e degli strumenti elettronici (leggi BIM) per l’affidamento da parte delle stazioni appaltanti dei lavori complessi relativi ad opere di importo a base di gara pari o superiore a 100 milioni di euro.

La previsione si rinviene all’art. 6, comma 1, lett. a) del D.M 560/2017 adottato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in attuazione dell’articolo 23, comma 13, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Il percorso imposto dal legislatore italiano porterà il paese entro il 2025 all’adozione del BIM anche per la realizzazione di opere di importo inferiore al milione di euro. Dall’applicazione obbligatoria discende la necessità per le stazioni appaltanti di rivedere in chiave BIM tutti gli strumenti sino ad oggi dalle stesse utilizzati non solo dal punto di vista tecnico ma anche giuridico. Lo strumento giuridico sovrano, di cui si servono le stazioni appaltanti per la realizzazione delle opere pubbliche, è il contratto d’appalto.

Il contratto, con i suoi allegati, ha un ruolo fondamentale nella gestione di una commessa: definisce l’oggetto dell’appalto sia esso di costruzione, di progettazione oppure di fornitura; determina le regole tecniche e giuridiche applicabili al rapporto tra le parti; stabilisce i tempi di esecuzione e disciplina i rapporti economici. Come è noto a tutti un contratto chiaro e ben costruito, che non dia adito a molteplici interpretazioni, risulta un utile strumento per deflazionare il contenzioso, sia in fase di realizzazione delle opere che una volta ultimate, evitando dispendiosi conflitti tra le parti.

La funzione del contratto diventa ancor più fondamentale nell’ambito di una commessa da realizzarsi con l’approccio metodologico BIM, laddove il modello collaborativo richiede l’intervento contestuale di attori differenti (cfr. NORMA UNI 113337 parte 7) con proprie specificità nuove rispetto alle tradizionali figure coinvolte, invece, nella realizzazione di opere senza l’ausilio della predetta metodologia. Basti pensare che rispetto ad un tradizionale contratto d’appalto, nel caso si adotti l’approccio BIM nell’oggetto del contratto occorrerà contemplare e definire il modello su cui poi interverranno i vari soggetti, le sue modalità di modifica, di consegna e di verifica, nonché la presenza obbligatoria dei nuovi e ulteriori capitolati, quali il capitolato informativo (destinato a trasformarsi a seguito dell’interlocuzione tra committenza ed affidatario, nel piano di gestione informativa) ed ogni altro elemento che risulti imprescindibile nella corretta realizzazione di una commessa che contempli l’approccio BIM.

Nella corretta redazione di un contratto per l’esecuzione di un appalto BIM non potranno, infatti, essere tralasciati aspetti quali quelli legati alla proprietà intellettuale (cfr. L. 633/1941), al trattamento ed alla sicurezza dei dati, ivi compresi quelli personali (cfr. Regolamento UE 2016/679), alle tutele assicurative, e ad ogni altro aspetto dovesse risultare utile al fine di perseguire l’obiettivo, ivi inclusa la disciplina in chiave BIM dei rapporti con i soggetti terzi che debbano intervenire per la corretta esecuzione dell’appalto, siano essi semplici fornitori o subappaltatori.

Su quale sia il modo migliore per redigere un contratto BIM non vi è una verità assoluta. È stato rilevato in Dottrina che modelli di contratti di appalto affidabili già esistono e vengono usati dalle stazioni appaltanti. Sono quelli che sono comprensibili nella struttura e nei contenuti e che possono essere gestiti dai legali e dai tecnici che, per funzione o per il ruolo che rivestono nell’ambito della specifica commessa, li utilizzano al fine della corretta realizzazione delle opere appaltate.

Per poter redigere correttamente un contratto che contempli l’approccio metodologico BIM occorrerà, quindi, la collaborazione di esperti sia tecnici che giuridici che siano in grado di scambiarsi utilmente informazioni utilizzando un linguaggio che, anche se tecnico, sia comprensibile ad entrambi, in modo da poterlo tradurre in clausole del contratto d’appalto, o dei suoi allegati, dal tenore letterale chiaro e di facile comprensione, proprio nell’ottica del principio di collaborazione che sta alla base del successo del BIM.

Ed invero in un sistema giuridico come quello italiano, laddove gli elementi fondamentali per la validità del contratto sono previsti dal legislatore (cfr. Cod. Civ. art.1325, Indicazione dei requisiti, e art. 1418, Cause di nullità del contratto) se ne ricava che non è strettamente necessario modificare gli attuali schemi contrattuali o sostituirli per realizzare un “appalto BIM” quanto, piuttosto, risulta sicuramente indispensabile adeguarne i contenuti tenendo conto della specificità di tale approccio metodologico.

Pertanto, schemi contrattuali ben collaudati e già in uso alle stazioni appaltanti possono tranquillamente continuare ad essere utilizzati anche nel caso in cui si decida di gestire una commessa con l’approccio BIM, diventando fondamentale però, in questo caso, che la descrizione dei contenuti tecnici in materia di BIM vengano introdotti con apposite clausole dal tenore chiaro, studiate in modo tale da coprire tutti, o almeno la maggior parte, dei possibili scenari che possano realizzarsi durante l’esecuzione della commessa e tali da prevedere degli efficaci strumenti giuridici per la loro attuazione ed il loro effettivo rispetto.

Sarà fondamentale, infatti, l’introduzione di clausole che rendano effettiva la realizzazione dell’approccio BIM attraverso la previsione di strumenti adeguati a raggiungere lo scopo perseguito dalla stazione appaltante.

Se lo strumento più efficace sia l’incentivo premiale, piuttosto che l’introduzione di penali contrattuali od un giusto equilibrio di entrambi, questo resterà in capo alla committente deciderlo sulla base delle pregresse esperienze proprie e dei propri consulenti, stante comunque il fatto che gli attuali schemi contrattuali possono continuare ad essere utilizzati, con l’indubbio vantaggio della sicurezza che deriva dall’utilizzo di uno strumento ben conosciuto.

Pertanto, stando così le cose, sicuramente nell’attuale contesto la revisione in chiave BIM degli attuali schemi contrattuali risulta possibile anche se, comunque, una previa valutazione caso per caso che lo schema utilizzato sia rispondente agli obbiettivi che si prefigge di perseguire la committente è pur sempre opportuno al fine di valutare se sia più semplice integrare lo schema contrattuale già utilizzato ovvero costruirne uno nuovo ad hoc.

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L’avvocato Cristian Barutta ha maturato pluriennale esperienza sa nel campo giudiziale in diritto amministrativo e civile, sia nel campo della consulenza legale per società private e organismi di diritto pubblico. Ha curato numerosi contenziosi davanti ai tribunali amministrativi competenti assistendo società concessionarie di rilievo nazionale ed imprese sia in materia di appalti, sia di espropri e di problematiche inerenti all’applicazione della Legge n.241/1990, prestando la propria assistenza relativamente ad opere quale la “Variante all’abitato di Zogno (BG)” e la “Tangenziale Est Esterna di Milano (TEEM)”. È tra i relatori del Master di II Livello “BIM Manager frontale/online” organizzato dal Politecnico di Milano – Scuola Mastre Fratelli Pesenti, e del Master di II Livello “BIM Manager” organizzato dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara.


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