Dopo l’estate, il Decreto BIM entra in una nuova fase. Se l’attuazione del Codice appalti, complice il tagliando del correttivo, ha avuto un passaggio a vuoto negli ultimi mesi, il ministero delle Infrastrutture si prepara, archiviata la pausa di agosto, ad invertire la tendenza. L’accelerazione degli uffici di Graziano Delrio sarà costruita attorno ad alcuni provvedimenti che, proprio nelle ultime settimane, si sono rimessi con grande forza in movimento. Si tratta di pezzi molto pregiati della riforma del 2016, il Decreto BIM e il débat public.
Il primo a sbloccarsi dovrebbe essere il Decreto Bim, il testo chiave per la digitalizzazione della gestione degli appalti nella pubblica amministrazione italiana. Materialmente è stato redatto da una commissione guidata dal provveditore alle Opere pubbliche di Emilia Romagna e Lombardia, Pietro Baratono, e successivamente sottoposto a una consultazione di operatori ed esperti che si è chiusa a inizio luglio. Il testo, nella prima versione, fissa l’uso obbligatorio del Building Information Modeling, innanzitutto per i lavori complessi. Per la precisione, l’obbligo scatterà dal 1 gennaio 2019, avanzando sulla base di un dettagliato cronoprogramma.
Si comincerà con le opere di importo superiore a cento milioni. Si passerà poi – dal primo gennaio 2020 – alle opere di importo superiore a 50 milioni. Dal primo gennaio 2021 l’obbligo riguarderà anche le opere oltre 15 milioni. E progressivamente si arriverà al primo gennaio 2025, quando anche le opere sotto il milione saranno sottoposte all’obbligo. Resta solo un’incognita: i costi. Molte amministrazioni, Comuni in testa, hanno sollevato il dubbio che gli investimenti chiesti dal provvedimento per software e hardware siano troppo onerosi nella fase iniziale.